Tre settimane in Colombia: racconto di un viaggio in solitaria incredibile
- Valentina Saracco

- 6 ott
- Tempo di lettura: 43 min
Il mio viaggio in solitaria in Colombia non è stato esattamente un viaggio pensato, sognato e programmato con anticipo. Tutto ebbe inizio un paio di anni fa, quando prenotai con Skyscanner un volo per la Colombia ad un prezzo effettivamente molto buono, ma subito dopo mi arrivò la notizia che la mia prenotazione era stata cancellata (troppo bello per essere vero). Una volta tornata sul sito per riprenotare tutti gli altri voli avevano prezzi ben al di fuori del mio budget, così ripiegai sul Sud Africa (viaggio PAZZESKO comunque) e la Colombia mi rimase sempre un po' lì, sullo stomaco diciamo. Mi sono ritrovata a luglio 2024 senza saper bene cosa fare della mia estate, con alcuni plot twist plot poco piacevoli nella vita, e così decisi che avrei potuto investire qualche centinaio di euro in più in benessere e salute mentale, per un volo che, onestamente, di economico aveva molto poco, per andare a togliermi quel sassolino nella scarpa chiamato Colombia. Da sola, zaino in spalla, come piace a me. Prima di lasciarvi immergere in questo viaggio incredibile, vi riporto un piccolo indice per non perdervi tutte le tappe:
ARRIVO A BOGOTÀ
Sono arrivata a Bogotà alle 8.30 di sera circa, stanca, ma felice.
Con l'aria frizzante delle sere sudamericane d'agosto, ho preso un taxi giallo direzione ostello. Qui in realtà Uber c'è ed è usatissimo, ma non da e per l'aeroporto, dove dovreste andare un po' a rincorrerlo in luoghi strani dove loro riescono a fermarsi.
Vista la stanchezza ho preferito investire qualche spiccio in più e prendere il taxi col tassametro (mi raccomando chiedetelo sempre). Per arrivare al Chapinero (centro turistico della città da un punto di vista alberghiero) ho speso circa 15€ con calorosissimo benvenuto del taxista che attende che mi aprono le porte dell'ostello prima di andare via. Sarà solo la prima di una lunghissima serie di conversazioni e scambi culturali con i taxisti colombiani.
Una volta arrivata al Trip Monkey Hostel scopro che sono da sola in una stanza da 4, con dei letti che sembrano quasi matrimoniali, in una situazione normale ci sarei rimasta male, perché in ostello ci si va per socializzare, ma in questo caso, mi è sembrato un vero lusso poter dormire indisturbata!
Mi faccio una doccia per poter uscire, carica di forza di volontà, ma scopro che il mio phon qui ha zero potenza e mi è impossibile asciugarmi i capelli, La sera a Bogotà fa decisamente freschetto (10 gradi), quindi tristemente rimando il piano di uscire, perché comunque dopo 12ore + 2 di volo non ero nemmeno così fresca come una rosa. Scelta che ovviamente avrei pagato la mattina dopo, svegliandomi alle 5 per il jet lag.
Day 1: ascensione a Monserrate e giretto in centro
Verso le 7, ormai sveglissima, mi sono incamminata verso la stazione degli autobus, che qui a Bogotà equivale alla metro, che non c'è. Ci sono proprio delle corsie preferenziali e dei tornelli in cui passare. Bisogna comprare un biglietto ricaricabile da circa 1€e 80 e poi ricaricarlo per 3000 pesos a viaggio. Cammino come una cretina per questa città ancora un po' sonnecchiate con un sorriso da orecchio a orecchio, c'è odore di Sud America, la mia mente torno al viaggio in solitaria in Perù, Bolivia e Cile di qualche anno prima. Tutto mi sembra familiare, i rumori i paesaggi, i volti delle persone. Mi sento a casa e sono felice.
Essendo mattina molto presto ed essendoci il sole (cosa affatto scontata a Bogotà) ho deciso di andare subito a vedere il panorama dall'alto, da sempre una delle mie cose preferite in ogni città. La destinazione della mia mattinata era molto classica: Monserrate

C'è questa cosa strana per cui la mattina per salire si usa il trenino a cremagliera, mentre nel pomeriggio si usa la teleferica, che sicuramente è più scenografica, ma io non volevo aspettare tutta la giornata per poter salire, così prendo il trenino che in circa 10 minuti (7€ a/r) ti porta in cima e vi assicuro che lassù l'altitudine si fa sentire! Volendo si può salire anche a piedi con 1h30 di trekking, ma visto il jet-leg e la fatica data dall'altitudine anche solo a respirare (siamo a 3000 e passa metri), me ne sono guardata bene. In cima, oltre al monastero e al panorama "wow" ci sono tantissimi baretti e negozi di souvenir, io mi sono fermata qui a fare colazione in uno dei tanti ristorantini con vista pazzesca sulla selva. A quel punto era troppo tardi per fare il free tour delle 10, ho quindi gironzolato per la Candelaria (quartiere del centro storico) dove sono entrata anche nel museo dell'oro per la folle cifra di 1€ e 50. Un museo davvero affascinante, anche per l'allestimento museale. Se voi non siete ritardatari invece potete prenotare il free tour del centro QUI con Beyond Colombia, testati personalmente e molto bravi.
A quel punto ho deciso di prendere un uber per arrivare al mercado Paloquemao, un mercato tipici che si trova lì vicino... ma posso dire onestamente che non ne è valsa così tanto la pena?
Inoltre la strada per arrivarci è davvero bruttina, nessun problema dal finestrino del taxi/bus, ma comunque non una zona in cui passeggerei tranquilla. Anche la taxista che mi ci ha accompagnato era molto stranita per la mia scelta, ma mi ha intrattenuto passando tutto il tempo a dirmi quanto fossero sexy gli uomini italiani rispetto ai colombiani. E' stato un breve viaggio divertente.
Ho comprato semplicemente un po' della frutta esotica che piace a me e che è impossibile reperire in Italia (con cui avrei irrimediabilmente macchiato dei vestiti ovviamente), e sono tornata comodamente con l'autobus.
Due empanadas frugali in centro e poi Graffiti tour, un altro vero must di Bogotà.
Ammetto che sono partita con poche aspettative, ma il tour è stato molto interessante, non ci ha portato nella parte più turistica del centro, ma abbiamo usato i graffiti per parlare della situazione sociale e politica della Colombia. Perché i graffiti sono uno dei modi in cui si è s il dissenso sociale, oltre che una forma artistica, ovviamente. Quindi abbiamo parlato molto della guerra che ha colpito per anni questo paese, del divario sociale, delle diseguaglianze e del razzismo tra le varie etnie nella società colombiana, senza tralasciare la non rosea situazione della donna.
Fare graffiti è sempre stato illegale, un giorno però, la polizia ha ucciso (ingiustificabilmente) un ragazzo giovanissimo che stava facendo dei tag e da lì in poi i graffiti sono diventati estremamente più tollerati dalla legge, per evitare di buttarsi nuovamente addosso il dissenso del popolo, giustamente molto incazzati con le forze dell'ordine. Questo ha portato Bogotà, e altre città in Colombia, ad essere ricchissime di questa bellissima forma d'arte.
Finito il tour sono andata a vedere il "vero" centro storico, come la bellissima plaza Bolivar e le viette intorno, caratterizzate da balconcini in legno e casette colorate. La situazione in centro, per quanto tranquilla, è visibilmente più vicina al degrado rispetto che a Chapinero. Qui si nota molto di più la povertà e si incrociano sguardi di persone apparentemente non troppo raccomandabili, ma comunque è pieno di polizia e non mi sono mai sentita in pericolo.
Sono poi andata a vedere il Museo di Botero, molto bello ed è anche gratis!
Ci sono molte sale con opere sue e non, ed è dentro ad una stupenda ex casa coloniale, che già meriterebbe di per sé. Botero ha fatto moltissimo per il suo paese ed è irrimediabilmente legato alla sua storia, come poi scoprirò a Medellin.
Sono tornata in ostello 10 minuti (le distanze tra Chapinero e centro storico, sono tutto fuorché brevi, soprattutto in orario di punta, quindi non mi era rimasto molto tempo) e poi sono volata da Andres Carne de Res forse il ristorante più famoso di Bogotà dove, nonostante la prenotazione, ho aspettato mezz'ora fuori in fila.
E' un locale di 5 piani, famoso per la carne e per l'intrattenimento (passano ballerini, performer and co, oltre a musica dal vivo al piano di sotto).
Direi promosso per cene di gruppo, compleanni and co, ma da soli o in coppia serenamente evitabile, cibo buono ma prezzi europei e troppo, troppo bordello per i miei gusti.
Dopo cena non avevo le forze per fare serata, ma almeno ho passeggiato nella T zone, che è l'area dei locali in cui è super safe camminare la sera anche da soli; è sempre pieno di gente, sembra un po' un'Ibiza colombiana, sicuramente è un posto pazzesco se vi piace la movida. A me invece piace il letto e quindi sono andata a dormire, pronta per cambiare città dopo poche ore.
VILLA DE LEYVA
Villa de Leyva è un incantevole borgo coloniale situato nel cuore della Colombia, famoso per le sue strade acciottolate, l'enorme piazza principale e l'architettura storica perfettamente preservata.

Io sono arrivata a Villa de Leyva di buon mattino, un po' prima del previsto. L’idea iniziale era di prendere il bus delle 9am e arrivare per l’ora di pranzo, ma alla fine ho preso quello delle 5am, sebbene non per mia scelta: nel cuore della notte sono stata svegliata da un gruppo di francesi starnazzanti proprio davanti alla porta del mio ostello, tra jet-leg e casino mi è stato impossibile riaddormentarmi, allora tanto valeva partire. Almeno, pensavo, non avrei trovato traffico. Sbagliato! In qualche modo, sono comunque riuscita a impiegarci cinque ore anziché le 3:30 previste. Misteri della Colombia: il traffico compare anche negli orari più impensabili.
Giunta in hotel La casa de Chavela (esatto, hotel e non ostello con una stanza privata a 17€, un piccolo lusso!), ho lasciato i bagagli e mi sono diretta subito a esplorare la città.
Day 2: In Bici per i Dintorni - Casa di Terracotta e Pozos Azules
La cittadina è un gioiello: un piccolo centro coloniale con casette bianche e strade acciottolate che trasudano fascino.
La piazza centrale, enorme (la più grande della Colombia), è davvero spettacolare, anche se in parte offuscata dalle transenne marchiate Coca-Cola, allestite per il grande festival degli aquiloni, o cometas, che si sarebbe tenuto il giorno successivo.
Passeggiando per le vie, ho subito notato che dentro, nulla è come sembra!
C'è un’incredibile cura degli interni di ogni caffè o ristorante, design contemporaneo e attenzione ai dettagli ovunque.
È un contrasto affascinante, poiché all’esterno sembra tutto fermo ai primi dell’Ottocento, tanto che non stupirebbe vedere passare una carrozza, mentre dentro pare un qualsiasi quartiere gentrificato di una grande metropoli occidentale.
Questo mix tra antico e moderno ha trovato un suo equilibrio: il turismo ha portato innovazione senza stravolgere l’identità storica del luogo.

Dopo una prima occhiata al centro, ho deciso di sfruttare la splendida giornata di sole e noleggiare una bici per esplorare i dintorni (2/3€ all'ora). Dopo tanti avvertimenti e il terrorismo psicologico sulla sicurezza in Colombia, è stato sorprendente scoprire quanto tranquilla fosse Villa de Leyva, tanto da sentirmi a mio agio a pedalare in solitaria nella campagna.
Dopo una decina di minuti sono arrivata alla prima tappa: la Casa di Terracotta, un luogo strabiliante. Un signore, evidentemente molto ricco e annoiato e fan della ceramica, ha deciso di costruire questa casa di terracotta.
Una casa su tre piani e no, non parlo di argilla, parlo di terracotta, ceramica, il che vuol dire che questo signore ha letteralmente cotto una casa di argilla. Come? costruendo dei forni attorno ad essa. Ci ha messo 15 anni per concluderla questo dovrebbe far capire la difficoltà del tutto. Per non parlare del fatto che la casa è stata costruita a colombino che, per chi non lo sapesse, è una tecnica che prevede la sovrapposizione dei diversi salsicciotti di argilla uno sopra l'altro e ovviamente però, ogni volta che pioveva, dovevano iniziare tutto da capo. La visita costa circa 10€, che è parecchio per la media colombiana, ma ne vale la pena anche solo per le spiegazioni dettagliate della guida e perché è un luogo davvero unico al mondo, che non potete perdervi se siete amanti del design, o della ceramica, come me!
Successivamente, mi sono diretta, sempre in bici, ai Pozos Azules, delle pozze d'acqua di un intenso colore azzurro. Si paga un biglietto di ingresso e si può fare una breve passeggiata intorno (ve la cavate in meno di un'oretta), ma onestamente per me sono bocciati: nulla di speciale, alla fine noi abbiamo il Parco delle Cave a Milano e nessuno ne ha fatto un'attrazione turistica!
So che ci sono altri pozzi nei dintorni, raggiungibili in bici, ma non mi hanno invogliato a proseguire l’esplorazione.
Volendo avrei potuto arrivare fino al museo dove c'è un vecchio fossile di dinosauro, ma onestamente non mi sembrava così entusiasmante, motivo per cui sono tornata in città per godermi un po' il tramonto e lo shopping. In realtà ho comprato pochissimo, ma la tentazione di comprare in ogni fottuto negozio di souvenir è stata altissima.
Mi pento ancora di aver lasciato lì le espadrillas di pizzo!

La sera cena a Il Mercado (valida la cucina e location meravigliosa in una antica corte) e poi nanna nella mia lussuosissima stanza singola che mi sono concessa dopo due notti di disastrosi in ostello. Ad ogni modo se uscirete a cena/pranzo/colazione/bere a Villa de Leyva cadrete in piedi, nella mappa della Colombia ho segnato tantissimi altri locali che possono tornarvi utili.
Day3: festival degli aquiloni ed escursione…sbagliata
Il giorno seguente ho deciso di rimanere a Villa de Leyva e fare un’altra passeggiata per la città, già completamente esplorata il giorno prima (è davvero piccina!). Poi, con grande fiducia in me stessa, ho deciso di scalare una collina fino a un mirador. Sotto il sole delle 12, in salita, senza un briciolo d'ombra, senza fonti di acqua. Insomma, una cazzata. Ma voi direte va beh, ma il panorama da lassù sarà stato incredibile... no, meglio da sotto. Direi evitabilissimo :)
Rientrata in paese, ho trovato la piazza piena di gente: il festival degli aquiloni era iniziato.
Io mi metto ad un bar a bere sangria mentre guardo gli aquiloni volare. Conosco anche una simpatica famigliola di italiani che vive a Bogotá, che si era anche offerta di riportarmi indietro perché loro erano in macchina, ma purtroppo sono dovuta scappare prima del previsto perché dovevo poi prendere l'autobus notturno che mi avrebbe portato a Salento, quindi ho dovuto declinare invito e sono scappata a prendere l'autobus che non ho perso per 4 millisecondi, dopo un paio di pisco sour offerti. Il viaggio verso Bogotá è durato le tre ore e mezza previste, ma fortunatamente l'alcol in corpo mi ha aiutato a dormirle quasi tutte, svegliandomi solo per nutrirmi in stazione a Bogotà e poi cambiare autobus, verso nuove avventure.
SALENTO
Dopo aver mangiato la solita roba fritta in stazione a Bogotá, ho preso l'autobus notturno che in circa otto ore mi ha portato a Armenia, una città che non ho nemmeno visto perché ho preso direttamente un mini bus di un'ora circa per arrivare a Salento città, senza nemmeno aspettare 10 minuti tra uno e l'altro. Sembrano un sacco di spostamenti, ed effettivamente lo sono, ma non li ho sofferti così tanto.
I bus notturni colombiani non sono di certo i migliori del mondo, sono freddissimi e non attrezzati come gli altri del Sudamerica ma, tutto sommato, sono sopravvissuta anche a questa notte. Salento, è un pittoresco villaggio nel cuore del Eje Cafetero, famoso per i suoi colorati balconi, il caffè di alta qualità e la vicinanza alla Valle del Cocora, dove si trovano le spettacolari altissime palme da cera, simbolo nazionale.
Arrivo a Salento di mattina molto presto e mi reco subito all'ostello che avevo scelto, il Coffe Tree Hostel, lievemente fuori dal centro. L’ostello è splendido, sia per location, che per l’atmosfera e le attività proposte. Lascio giù le cose e inizio ad esplorare il luogo. La cittadina è semplicemente deliziosa, un'esplosione infinita di colori, balconcini e vasi di fiori.
Day 4: Piantagioni di caffè e cascate
Quel giorno mi informo un po' su cosa avrei potuto fare la mattina e decido di fare un tour in una piantagione di caffè (grande e intramontabile classico per la zona). Ci sono tantissime fincas nei dintorni, alcune più i meno vicine, tutte raggiungibili prendendo una jeep condivisa dalla piazza principale, il costo è del tour classico è di circa 9€ con un assaggio di caffè.
Io ho scelto, senza pensarci troppo, quella proposta dall'ostello. La visita è stata interessante ed è stato molto bello vedere l'immensità della natura in quei luoghi, ti spiegano tutto il processo produttivo e a fine tour ti fanno assaggiare il caffè. Onestamente il caffè colombiano io lo trovo acqua sporca, abituata al nostro espresso, ma non glielo diciamo perché se no si offendono a morte. Da amante delle cascate nel pomeriggio ho deciso di andare a vedere delle cascate di Santa Rita lì vicino. Per arrivarci in autonomia ho preso uno dei tanti bus che portavano ad Armenia e sono scesa alla prima fermata e poi ho proseguito a piedi. In un paio d'ore circa ho fatto quasi tutto il giro. La passeggiata è fattibile, non impegnativa a meno di non scegliere di seguire il percorso rosso che diventa più ripido e il posto è carino, ma non da strapparsi i capelli.
Vale assolutamente la pena farci un salto se si passano un paio di giorni in zona, io ci sono stata durante una festa nazionale per cui era un po’ affollato, immagino che altrimenti sia molto godibile. Ancora una volta sono rimasta allibita dal fatto che stessi facendo un trekking da sola nella foresta, senza nessun pericolo apparente, in Colombia. Il percorso dopo poco diventa a pagamento (tipo 3€) è tutto molto curato e pieno di famigliole. La sera poi sono uscita poi dei ragazzi dell'ostello e, dopo aver cenato, siamo andati a giocare a tejo, il gioco nazionale colombiano, che consiste nel tirare una specie di trapezio tondeggiante pesantissimo, su un cerchio di metallo poggiato su una montagnetta di argilla, su cui sono appoggiati dei petardi. L’obiettivo ovviamente è quello di farli esplodere. Solo in Colombia potevano inventarsi un gioco così. Io sono una schiappa, non ne ho fatto esplodere nemmeno uno dopo due ore ti gioco.
Day 5: La Valle del Cocora, uno dei motivi di questo viaggio
La mattina dopo scelgo di andare finalmente a uno degli highlights del viaggio insieme a due compagni di ostello: la Valle del Cocora.
Qui si trovano le palme più alte al mondo e il panorama è semplicemente surreale, sicuramente il posto esteticamente più bello che ho visto in Colombia.

Dalla piazza principale partono delle Jeep che in una mezz'ora ti portano a destinazione. Il problema è che essendo ponte (15 agosto e giù di lì) era veramente pienissimo di colombiani e così abbiamo deciso di partire molto presto per evitare il delirio che avevamo visto accalcarsi il giorno prima in piazza, creando una fila interminabile per poter prendere le jeep. Una volta in loco potevamo scegliere se fare il giro breve, di un'oretta giusto per vedere il mirador più classico ed instagrammabile, o se fare un giro più lungo che prende circa mezza giornata. Ovviamente abbiamo optato per la seconda opzione. Qualcuno ho sentito dire che ci ha messo 6/7 ore, penso saltellando su una sola gamba, perché noi in meno di quattro l'avevamo ampiamente finito. Dicono però che il giro in senso antiorario sia molto più faticoso, noi abbiamo optato per l’orario, che è vero che non ti lascia l’effetto "wow" della valle alla fine, ma allo stesso tempo ci siamo evitati di vedere la parte più bella piena zeppa di gente e ce la siamo goduti la mattina presto senza nessuno. Il giro lungo è molto bello e, a meno che non abbiate solo pochissimo tempo a disposizione, ne vale assolutamente la pena, anche se la seconda parte smette di essere panoramica, ma costeggia interamente un fiume e si svolge in un'area molto più boschiva rispetto alla splendida valle del Cocora. Dopo pranzo, con la famosissima trota, abbiamo pensato di fare un tour a cavallo, ma alla fine avremmo dovuto rientrare nel parco, ripagare il biglietto di ingresso, oltre a quello del cavallo (era sui 30€ a testa) ed eravamo un po’ stanchi, quindi abbiamo desistito e siamo tornati nella graziosa Salento. La sera di nuovo in piazza a ballare salsa con degli sconosciuti e il giorno dopo pronti per una nuova avventura.
Day 6: Filandia, cascate termali e lunghi viaggi in bus
L'idea malsana dell'ultimo giorno nel Eje Cafetero, è stata quella di prendere un'altra Jeep che ci ha portato a Filandia (queste vanno prenotate perché sono poche al giorno). Filandia è un'altra cittadina minuscola e coloratissima a circa 40min di jeep da Salento, dopo un giretto nel suo stupendo centro storico e nel suo famoso mirador avanguardista, abbiamo preso un autobus che ci ha portato a Pereira, la città più grande che c'è in zona, e da lì un altro autobus che c'ha portato a Santa Rosa... ma non avevamo ancora finito perché da lì abbiamo preso un ulteriore autobus che ci ha portato finalmente alle terme di Santa Rosa, che onestamente, quantomeno da un punto di vista paesaggistico, sono davvero spettacolari. Peccato solo che fossero veramente troppo piene di gente per i miei gusti e che raggiungerle in questo modo indipendente, senza utilizzare un tour organizzato è stato abbastanza massacrante. Noi abbiamo avuto molta fortuna con le coincidenze degli autobus e ci sono volute tre ore e passa, l'amico che ci ha raggiunto è stato molto meno fortunato di noi ed è arrivato alle terme dovendo prendere dei taxi collettivi, stravolto e odiandoci non poco. Dopo un po' di bagnetti tiepidi siamo tornati a Pereira dove ci aspettava un'ulteriore night bus per arrivare finalmente a Medellín. Ce la faranno i nostri eroi?

MEDELLIN
Siamo arrivati a Medellín molto tardi verso l'una di notte, l'idea iniziale era quella di prendere un night bus a partire da Pereira e dormire in autobus, ma ci siamo resi conto che il viaggio durava troppo poco per poter davvero dormire in viaggio, quindi abbiamo preso quello delle sette di sera per arrivare verso l'una di notte. Sono un poco più di cinque ore di viaggio, poi uber direzione Viajero. Il Viajero è un ostello davvero molto bello nel Poblado, la zona di Medellín dove fondamentalmente tutti i turisti dormono perché è estremamente tranquilla ed europeizzata, ed è l'area della nightlife con discoteche, pub, ristoranti eccetera. Inizialmente pensavamo di uscire a far festa, ma onestamente era un po' troppo tardi, la zona attorno a noi era già dormiente, questo significava dover andare in discoteche vere e proprie per trovare della vita, e non solo a bere qualcosa, così abbiamo deciso che no. Quindi il giorno dopo, freschi come delle rose, siamo pronti per non andare a visitare la città. Se vi state chiedendo perché parlo sempre al plurale in un viaggio in solitaria è perché, da sola, ci sono stata molto poco, ho condiviso quasi sempre il mio viaggio con altri backpackers per uno o più giorni.
Day 7: Medellin dall'alto e centro storico.
Iniziamo con un giro sulla famosissima teleferica e scegliamo quella che arriva a Santo Domingo, tratto incluso nel costo del biglietto normale della metropolitana per cui non serve pagare aggiunte. Abbiamo poi però proseguito fino al parco Arvi, come c'era stato consigliato, pagando un prezzo extra decisamente alto (tipo 10€) per un viaggio che dura tipo mezz'ora andata e mezz'ora ritorno, quindi sicuramente il prezzo è giustificato, la verità è che a meno che non abbiate davvero una settimana Medellín, non ha nessun senso arrivare fin su perché poi il parco non è realmente fruibile in poco tempo. Ci sono diversi percorsi, ma sono a pagamento e sono estremamente lunghi, quindi il mio consiglio è assolutamente quello di andare a vedere la città dell'alto, ma semplicemente fermarvi a Santo Domingo che comunque è carino, magari in un rooftop bar in zona.
A quel punto andiamo a fare un free walking tour della città.
Inizialmente avremmo voluto fare quello che si chiama "conflitti, guerra e violenza a Medellin" o una cosa del genere, e fino a quasi alla fine del tour eravamo anche convinti di aver preso parte proprio a quello... ma poi abbiamo scoperto che no, questo semplicemente il free tour del centro di Medellín, che aveva un meeting point molto vicino all'altro e noi nella fretta non ce ne siamo accorti. Effettivamente ci suonava un po' strano il racconto della storia degli Inca con la violenza post moderna, ma comunque stra interessante.
Quando siete in queste città consiglio sempre di fare un free tour (che chiaramente free non è) perché vi danno una prima infarinatura su dove si può andare dove no, e cosa potete poi tornare a vedere in autonomia.
Il centro di Medellin comunque degli mi ha lasciato un po' "così".
Diciamo che non si può dire che sia bello, possiamo dire che è interessante, sicuramente è molto ricco di contrasti: troverete tantissimi barboni in strada e facce poco raccomandabili, niente di grave, non succede niente di che in pieno giorno, ma non è uno dei posti in cui si va a passeggiare a leggere il sabato pomeriggio in rilassatezza.
In compenso si possono trovare alcune cose molto interessanti, tra cui un paio di musei e la bellissima piazza di Botero oltre a qualche parco. Se siete in trip con lo shopping poi, vi basterà passeggiare tra le sue vie per comprare qualsiasi tipo di cosa a prezzi decisamente convenienti.
Finito il free tour torniamo in ostello che, grazie a Dio, ha due jacuzzi sul tetto, quindi mi godo il tramonto da vera regina con cocktail in mano e chiacchiere con gli altri ospiti.
Gli ostelli in Colombia, in generale sono spaziali, nello specifico se cercate Selina o Viajero, difficilmente sbaglierete.
E poi ci sono sempre attività come karaoke o lezioni di salsa organizzati sia per gli ospiti dell'ostello, che per eventuali esterni.
Organizzano anche i pub crawl la sera, a cui però non ho partecipato perché mi sento decisamente troppo vecchia e non più in grado di reggere una notte con altre 30 persone tendenzialmente giovani e del Nord Europa con l'unico obiettivo di sbronzarsi.
Quindi niente, ho optato per il relax in buona compagnia, ma se avessi voluto sarebbe bastato uscire di casa e avrei trovato decine di locali in cui poter andare a bere, mangiare, lettere, testamento.
Day 8: Il triste passato di Medellin e la Comune 13.
Il secondo giorno a Medellín iniziamo la mattinata con calma andando a visitare il museo della memoria, che è fatto veramente, veramente molto bene, sia come allestimento museale, che come architettura. Racconta di tutte le violenze che sono accadute a Medellín negli scorsi decenni, città che è stata considerata lungamente una delle più pericolose al mondo. Vi consiglio di andarci dopo aver avuto almeno una prima infarinatura storica, perché le informazioni sono tantissime e vi perdereste senza avere almeno un'idea di massima. Io sono uscita con le lacrime agli occhi, è stato veramente toccante.

Il pomeriggio l'ho dedicato alla famosissima Comuna 13. Ero partita con aspettative abbastanza basse, ma direi che è stato molto peggio di quello che mi aspettavo. Sapevo perfettamente che questo luogo un tempo teatro di atrocità era diventato una sorta di Luna Park, ma non avevo capito fino a che punto onestamente. Inoltre avevo prenotato un free tour, sperando di imparare qualcosa, ma quando dopo nel giro di 500 metri, abbiamo fatto quattro stop per fare delle fotografie, tra cui uno dentro a delle ad una vasca di palline colorate con tanto di scivolo di plastica per arrivarci, ho onestamente lasciato il gruppo perché non era quello che avevo in mente con un tour alla comuna 13. Se non volete fare un tour potete serenamente andare da soli, penso che sia uno dei posti più sicuri al mondo perché nessuno oserebbe mai toccare un turista lì, oppure cercare un free tour migliore di quello che ho fatto io, cercando delle recensioni buone magari. La verità è che il mio amico l'ha fatto con un'altra compagnia e il suo tour è durato 5 ore ed è stato super interessante, quindi non sono tutti terribili, dovete solo cercare con cura, cosa che io non ho fatto perché ero legata a degli orari per poi poter andare a Guatapé. L'importante comunque è che vi portino fuori dal circuito principale, che è veramente un incubo, ogni locale (uno al metro) ha musica a tutta palla e vende magliette di Pablo Escobar e ha fuori del personale che cerca in tutti modi di convincerti a comprare qualcosa. Inoltre è pieno di artisti di strada, che è anche molto bello e piacevole sia chiaro. Ci sono quelli che ti rappano le canzoni improvvisate su di te o diversi break dancer... sicuramente è bello, ma sembra veramente di stare a Gardaland, oltre al fatto che, giustamente, tutte queste performance poi richiedono un pagamento, per quanto volontario e ti senti proprio un turista pollo da spennare. La storia della Comuna 13 è molto interessante comunque, era in una posizione strategica per il commercio di droga, sia perché era fatta tutta di viette in cui potresti serenamente nascondere, sia perché alle spalle c'è questa montagna in cui passa la via principale che porta al mare dalla quale ovviamente è passata tutta la droga. Ma quello che ha cambiato fondamentalmente il volto della Comuna, oltre al declino di Pablo Escobar, è la costruzione delle scale mobili, che ha permesso alle persone di connettersi velocemente con il resto della città. Un po' lo stesso ruolo che la metropolita ha svolto a Medellin, per cui vedrete che è tenuta pulitissima e osannata da tutti. Forse sono stata esagerata, forse avrei dovuto finire il tour e vedere se ci raccontavano qualcosa di incredibilmente più interessante, ma ero veramente rintronata da tutto quel rumore, turismo, odori, gente... era troppo tutto e sono voluta scappare via. Se il prezzo da pagare per non avere più omicidi in mezzo alla strada è l'over turismo beh, ben venga! Ciò nonostante sono sicura che esistano tante altre maniere di fare turismo, meno devastanti, ma questo è un problema che purtroppo colpisce non solo Medellin ma buona parte della Colombia (e del mondo), invasa da instagram spot, queste enormi mani su cui salire per farsi le foto con dietro il panorama, possibilmente con un qualche drone che ne migliori la prospettiva. Per fuggire mi faccio portare da un uber a Laureles che è l'altro quartiere, oltre al Poblado, dove stanno i turisti e quindi è possibile fare due passi in serenità. Devo dire piacevole, carino, ma non imperdibile. Un altro posto abbastanza europeizzato, che va bene se volete farci una cena o una bevuta, ma nulla di più. Qui inizia la mia odissea per arrivare a entro sera a Guatapé. Non volevo fare il tour in giornata perché sarebbe stato molto stressante, tra l'altro il giorno dopo avrei avuto un volo per Medellín, quindi sarei stata ancora più di corsa perché sarei comunque dovuta arrivare in aeroporto entro le sette di sera, così decido di prendere l'autobus alle sei di sera del giorno prima. Il problema è che il sito diceva che non c'erano più posti disponibili sul bus. Così non prendo un uber perché a quell'ora la città è totalmente intasata e decido di prendere la metropolitana, pensando che fosse una saggissima idea, essendo su dei binari preferenziali, ma non penso alla marea di gente che ora di punta vuole prendere la metro. Così, oltre ai 10 minuti fatti a passo di formica per arrivare al vagone, abbiamo dovuto far passare tre vagoni prima di riuscire ad entrare (ovviamente con al seguito zaino e trolley), ma alla fine incredibilmente sono arrivata in stazione e, signori e signore, l'autobus c'era e c'era anche del posto, incredibile! Salgo e da qui questo mini bus mi avrebbe portato in teoricamente un'ora e mezza a Guatapé, che nella realtà sono state quasi 2:30.
GUATAPé
Sono arrivata a Guatapè miracolosamente verso le 8:30 di sera da Medellín con un mini bus diretto e ho speso per ben 13€ per una stanza privata con balcone che affacciava direttamente sulla piazza principale, semplice ma carinissima, l'hotel si chiama Hospedaje 3 esquinas.
I piccoli lussi che mi concedo tra un ostello e l'altro.
Ogni tanto un bagno privato regala grandi emozioni.
Dopo aver posato lo zaino sono uscita un attimo a cercare qualcosa da mangiare, a quell'ora però era un po' tardi per un paesino della Colombia, quindi mi sono limitata a prendere un hamburger veloce nella piazzetta, sicuramente no la miglior cena del viaggio. Se volete cenare qui, che è molto carino, vi consiglio di prendere al massimo il bus delle cinque in modo da potervi godere poi la cena con calma, perché verso le nove i ristoranti stavano già tutti chiudendo. Dopo essere sfuggita alle pesantissime avances del cameriere sono scappata in stanza perché ha iniziato a piovere fortissimo, un diluvio universale che è durato svariate ore. Quindi per quanto abbia capito che la notte a Guatapè sarebbe stata divertente, con diversi baretti con salsa e musica ad lato volume, purtroppo ho dovuto ritirarmi nelle mie stanze causa nubifragio. Per farvi capire quanta acqua, il giorno dopo ho assistito al ripescaggio di diverse barche dalla Laguna, perché quando piove così tanto e non le coprono fondamentalmente affondano!

Day 9: La Piedra
La mattina seguente mi sveglio presto per riuscire a fare tutto quello che volevo fare e vado direttamente alla Piedra prima che arrivino tutti gli altri turisti con i bus dei tour giornalieri da Medellín. Un'altra delle mete imperdibili "da cartolina" di ogni viaggio in Colombia. Per andare a Peñol l'opzione più economica è quella di prendere un bus di linea qualsiasi che porta a Medellín e farsi lasciare alla stazione di benzina da dove poi si sale tramite una scala alla Piedra. Mi raccomando "tramite una scala" e non tramite una strada che poi non porta assolutamente a nulla e quindi vi toccherà tornare indietro come dei cretini come la sottoscritta! :) Da Guatapè alla Piedra sono sì e no 10 minuti in autobus, però se preferite partire all'ora in cui volete (perché i bus normali passano ogni mezz'ora circa) sarà meglio che prendiate o un tuk tuk, che vi porta direttamente all'ingresso della Piedra senza dover camminare oltre, o una Jeep condivisa che si prende sempre dalla piazza principale, ma dovrete fare le scale per arrivare alla biglietteria. A quel punto 25.000 pesos e inizia la salita. Sono 675 gradini, non morirete, ma di certo non è una passeggiata. La giornata purtroppo non era delle più soleggiate, ma fortunatamente man mano che salivo il cielo si apriva, per cui dall'alto sono riuscita ad avere una bella visuale di tutta la laguna allagata. Gelatino al mango per rinfrescarsi e via giù verso Guatapè.

Svegliarsi presto ha funzionato, in cima c'ero quasi solo io, e scendendo ho trovato il mondo intero che stava salendo ansimando. Ma la corsa contro il tempo non finisce qui, nuovo obiettivo: arrivare prima che tutti gli altri turisti arrivino a Guatapé. Il centro della cittadina è veramente delizioso! Tutte queste case coloratissime e meravigliose con dei bassorilievi di animali e mestieri che rappresentavano, una volta agli antichi mestieri di chi abitava quelle case. Una volta fatte tutte le vie possibili mi sono fermata a mangiare da Namastè, un ristorante vegano molto ma molto cute che vi consiglio. Io non sono affatto vegana, questo per farvi capire quanto il livello di carne (per lo più fritta) in Colombia sia diventato per me intollerabile. A quel punto sono andata a prendere una lancia per fare un giro della laguna. Per prendere la barca ho dovuto aspettare che ci fossero almeno cinque persone in modo da poter riempire il tour e partire. Ho aspettato circa una mezz'oretta, non c'era molto turismo in quel momento, volendo ci sono anche le imbarcazioni grandi, ma non ho ancora capito bene come si prendessero. Il costo della lancia era di 25K pesos a persona, il giro è durato un'oretta ed è stato carino, niente di incredibilmente entusiasmante ma piacevole. Fondamentalmente ti portano a vedere tutte le ex ville degli ex narcos che villeggiavano vicino a Medellín costruite sulle pendici della laguna, però il contesto paesaggistico è molto bello.
A questo punto inizia la mia avventura per andare in aeroporto. Ovviamente non c'è un bus diretto aeroporto Guatapé-aeroporto, chiedo info in città e mi propongono una follia in cui avrei dovuto cambiare 3-4 mezzi diversi per evitare di fare quello che poi ho fatto: ossia attraversare un ponte forse non eccessivamente raccomandabile sull'autostrada. Erano sì e no 200 metri, di giorno, decido di prendermi questo rischio. Quindi prendo il bus che mi porta a Medellín chiedo gentilmente all'autista di lasciarmi nella stazione vicino all'aeroporto (e se ne dimentica, dopo che glielo ricordo inchioda in autostrada e mi fa scendere sotto al famigerato ponte). Ora dovrò solo attraversare questo ponte pedonale e prendere al volo un altro autobus in una curva in autostrada che mi porta in aeroporto in una ventina di minuti. La verità è che raccontato così sembra orribile, ma è stato tutto incredibilmente semplice e anche economico, quindi top! Ci ho messo meno di due ore sono arrivata in aeroporto con grande anticipo e pronta per volare a Cartagena.
CARTAGENA
Finalmente Cartagena! Gioiello della costa caraibica colombiana, è una città vibrante e ricca di storia. Famosa per il suo centro storico coloniale, Patrimonio dell’UNESCO, incanta con il calore tropicale tipico della sua gente e i vicoli colorati. Sono arrivata a Cartagena la sera tardi e ho, contrariamente alla tappa a Medellin, ho deciso di aggregarmi al pub crawl dell'ostello, toccata da un improvviso moto di gioventù. Questa volta dormivo al Selina Hostel, che ha sempre delle ottime attività sociali. Non avevo veramente voglia di fare festa, ma era sabato sera e la città era veramente "on fire", gente in strada ovunque, locali pieni, balli in strada... insomma volevo andare un po' a vedere com'era l'atmosfera e devo dire non me ne sono pentita perché le notti cartaginesi sono incredibili, soprattutto nel weekend. Nel quartiere dove avevo io l'ostello quasi non si camminava dalla gente che c'era in strada, con tutti questi baracchini che ti vendono street food e mojitos a due euro, mentre il centro città è costellato da locali ben più famosi e più simili a club che fanno Reggaeton, salsa o altro tipo di musica. Il pub crawl si riconferma non essere il mio stile, perché andare in giro tra turisti in posti turistici sicuramente non è la mia cosa preferita, ma è stato un modo carino per vedere un po' il sabato notte cartaginese senza andare completamente alla cieca.
Day 10: alla scoperta di Cartagena.
La mattina dopo decido di fare un giro per la città, il tempo non è un granché, quindi i colori sono un po' spenti, ma si capisce comunque che la città è carinissima, con tutte queste casette coloniale con i balconcini in legno, poi il quartiere con il murales tutto il resto.

Per pranzo ho deciso di andare alla Cevicheria, che è un ristorante molto rinomato, palesemente a farmi inculare perché ho pagato una ceviche grande come una scatoletta di tonno e un bicchiere di tinto de verano 22€, ma va bene non importa. Non metto in dubbio la qualità del cibo, ma i prezzi rispetto alla media colombiana sono folli, anche se tenete in conto che Cartagena è comunque molto più cara rispetto al resto del paese. Al che decido di partecipare a un free walking tour per conoscere qualcosa in più su questa città. L'ho fatto con questa compagnia che si chiama Nexperience in particolare con nostra guida che si chiamava Legacy è stata veramente molto brava. Cartagena ha una storia pazzesca alle spalle perché è stata il centro del traffico degli schiavi neri in Sudamerica, infatti la popolazione qui è nettamente più scura del resto della Colombia e l'attitudine è proprio completamente diversa. Ho sentito tantissime persone dirmi "stai a Cartagena un giorno e poi vattene perché è molto pericolosa e cercano di incularti a tutti gli angoli, perché la gente è molto pressante eccetera eccetera"...ora non voglio dire che non sia per niente così, però io non ho avuto questa sensazione così terribile. E' un po' come se fosse la nostra Napoli, cioè o si ama o si odia, io probabilmente la amo, per questa vibe molto "sud". Ciò detto, anche io mi sono fatta fottere dal taxista che dall'aeroporto mi ha portato in città. Era un taxi giallo, quindi ufficiale, con le tariffe ufficiali scritte giganti su un cartello divise per quartiere, che ho scrupolosamente controllato prima di prenderlo, quindi mi ritenevo salva. Alla fine mi ha fatto rogne e mi ha fatto pagare di più perché sosteneva che quelle tariffe valessero per il quartiere, ma non se ti portavano fino all'hotel, che era palesemente una stronzata, ma la mia voglia di litigare per pochi spicci era davvero nulla, così l'ho lasciato vincere, anche se ero certa di essere nel giusto. Niente di grave, ma capisco il fastidio e i perché di chi non ha amato questa città. La sera torno in ostello per un bagnetto sul rooftop della piscina dove conosco altri ragazzi dell'ostello e decidiamo di trovarci più tardi per passare insieme la notte. Prima però vado a fare una tappa a uno dei banchetti che ci sono nella plaza de la Trinidad, sotto al nostro ostello, che era veramente gremita di gente. Ho amato quell'atmosfera da gente seduta in piazza a guardare artisti di strada e ballare con cocktail in mano. Uno dei ragazzi conosciuti era di Cartagena e ci ha portato a spasso da "local" così siamo stati prima in un locale molto fichetto con prezzi milanesi (che per lui era pazzesco, per me uno dei tanti che potrei frequentare a casa) e poi in uno po' più tipico, dove abbiamo fatto le ore piccole. A Cartagena c'è veramente di tutto, basta cercarlo.
Day 11: Playa Blanca
Il giorno dopo decido di andare a Playa Blanca. Con non so bene quale forza di volontà, perché il cielo è terribile, tutto grigio e minaccia pioggia. Playa Blanca è una penisola che si trova vicino a Cartagena, in realtà in linea d'aria sono tipo 16 km, ma raggiungerla potrebbe essere anche un'odissea, come nel mio caso. Rimane uno degli spot principali per andare al mare da Cartagena oltre alla Islas del Rosario. Potete prendere una lancia e arrivarci comodamente e in fretta (a me hanno chiesto 70.000 pesos per andarci dal porto di Cartagena), oppure potete potete intraprendere un viaggio spirituale nella periferia cartaginese cambiando quattro bus e mettendoci mezza giornata come ho, ovviamente, fatto io. La verità è che per quanto sia stato veramente, veramente lungo, è stato un viaggio super interessante. Fuori dalle mura ho chiesto agli autisti dei bus come fare per arrivare a Paso Caballo, che è il luogo in cui ci sono poi i collettivos che ti portano sulla spiaggia, ma l'autista mi ha detto che non passavano di lì, ma se salivo mi portava lì vicino, così sono salita. Dopo un tempo interminabile nel traffico, passando per il mercato della domenica, l'autista mi dice "sarebbe qua, ma io qua non ti faccio scendere, potrebbero attaccarsi da un momento all'altro! Io penso "molto bene" e decido di seguire i suoi consigli, per cui sono stata sull'autobus un'altra mezz'ora buona fino a quando poi finalmente mi ha lasciato in un punto in cui ci sono questi collectivos, che altro non sono che dei taxi che quando arrivano a cinque persone partono e che mi ha portato appunto questo Paso Caballos (5k pesos) da cui sarebbe partito un altro collectivo per la spiaggia. Una volta lì sono salita su questa cosa che chiamare "macchina" è fargli veramente un complimento, non so nemmeno come potesse ancora funzionare, infatti un paio di volte si è spento anche il motore, che mi avrebbe, apparentemente, portato fino a Playa Blanca in circa un'ora. Essendoci però a bordo altre due persone il driver mi fa "porto prima loro e poi te" ma loro alloggiavano dall'altra parte dell'isola. Avendo capito un po' l'andazzo mi sono fatta lasciare giù prima, all'incrocio per la mia spiaggia dove ho elemosinato il passaggio di un ulteriore collectivo, pagandolo nuovamente, che mi avrebbe portato "direttamente" a Playa Blanca. Il tutto tenendo conto che aveva piovuto nei giorni prima, e quindi la strada era completamente fatta di buche e di fango, quindi la velocità di crociera era di 10km/h. Ciò detto finalmente, svariatissime ore dopo, arrivo a Playa Blanca.
Playa Blanca è un delirio ed è pure domenica, quindi la situazione è ingestibile. Nonostante il tempo orribile ci sono centinaia di persone ammassate una sopra l'altra su un fazzoletto di sabbia. Contando l'odissea che avevo compiuto per essere lì e guardando quel cielo grigio mi chiedo, a gran voce, dove minchia sono finita, e chi cazzo me l'ha fatto fare. Fortunatamente il mio Ostello per la notte Despertarte in realtà era in un posto lontano da quel delirio, un angolo di spiaggia chiamato Playa Tranquila a circa 20 minuti a piedi dall'accesso principale. Era veramente un angolo di paradiso, aveva la stanza direttamente sul mare, e quando dico sul mare intendo a massimo un metro dal mare, uno spettacolo! Gestito da due ragazze argentine molto hippies, che ti propongono empanadas vegetariane, succhi di frutta e diversi tour. Ho dormito lì col rumore delle onde ed è stato meraviglioso (ammetto che il materasso fosse scomodissimo, ma era perché ero nella stanza più sgrausa e poi le avevo già perdonate per la location).
Ah, ovunque vogliate dormire a Playa Blanca, comunque, dimenticatevi ogni lusso.
Qui non c'è l'acqua corrente e l'elettricità c'è solo per poche ore a notte.
Vi toccherà disconnettervi!

La notte poi vado a fare il tour del plancton comprato direttamente in ostello per una decina di euro, questo è uno di quei posti nel mondo in cui la concentrazione di plancton è tale, che muovendo l'acqua nell'oscurità si può osservare la bioluminescenza. Ed è meraviglioso perché sono... da sola! Tutte le altre lance hanno su 20 persone e io sono sola soletta sulla mia barca col mio barcaiolo. L'esperienza del plancton in sé non è così incredibile, ma è comunque molto bello poter nuotare di notte senza nessuno intorno, nell'acqua tiepida e illuminata, in una laguna e quindi niente, ceviche al ristornate peruviano di fianco all'ostello e poi nanna. Quella notte piove tantissimo e purtroppo pioverà anche tutto il giorno dopo, perché chiaro, l'unico giorno in cui sono in un angolo tropicale fatto di isolette e spiagge paradisiache becco la coda di un uragano, giusto no? Quindi rimando ogni opzione di tour in barca sulle Islas del Rosario e anima in pace.
Day 12: amache, pioggia e rientro a Cartagena
Causa sfiga atomica e tempo orribile non ho mai potuto vedere i colori del mare accesi, niente turchesi, niente sole che sbrilluccica sulla sabbia bianca... che penso sarebbero stati veramente fantastici, ma non importa, la prendo con una filosofia inaspettata e ne approfitto per riposarmi. Passo la mia giornata su un'amaca a leggere e alle tre mi vengono a riprendere con una lancia che per 45 pesos mi riporta a Cartagena (notare come da Cartagena me ne avevano chiesti 70). Bello il viaggio via terra eh, ma mai più :) Così mi aspetta l'ultima notte a Cartagena al Pachamama Hostel, per una lussuosa stanza privata. Mi ricongiungo con precedenti amicizie, giretto in centro, cena e poi volevamo andare in un locale di salsa, ma purtroppo era lunedì sera e quasi tutti i locali più famosi erano chiusi quindi niente di che, ma non grave, tanto poi la sveglia era alle quattro per prendere il bus per Santa Marta. Next Stop: Parco nazionale di Tayrona.
TAYRONA
Per arrivare al Parque Nacional di Tayrona siamo partiti da Cartagena alle cinque del mattino prendendo un autobus che avrebbe dovuto impiegare cinque ore per arrivare a Santa Marta, ma in realtà, ovviamente, ce ne ha messe molte, ma molte di più.
Fortunatamente ho dormito buona parte del viaggio.
Ah, se dovete prendere un bus da Cartagena tenete a mente che il terminal de buses si trova a più di mezz'ora dal centro città, una follia. E che ovviamente i taxisti cercheranno di spennarvi il più possibile, quindi contrattate, contrattate, contrattate.
Una volta arrivati a Santa Marta abbiamo cambiato autobus e per prendere quello per Tayrona, che dista circa un'ora da lì, perché così avevo letto su tanti altri blog.
In realtà ho scoperto che lo stesso autobus su cui eravamo (e tutti quelli che vanno in direzione Palomino) arrivava serenamente fino all'entrata del parco El Zaino, che è la principale, ma lo stesso conduttore del bus ci ha detto che comprando dopo il biglietto ci sarebbe costato molto di più di un autobus diciamo urbano e che non ne valeva la pena e ci ha consigliato di scendere e cambiare bus e così abbiamo fatto. Scendiamo a Santa Marta per fare una cosa apparentemente semplicissima: prendere un altro autobus che sarebbe costato un terzo. Spoiler non ci siamo riusciti, alla fine abbiamo comunque pagato molto più del dovuto perché abbiamo preso sì un altro autobus, ma sempre quelli grandi e con l'aria condizionata Quelli "urbani" che costano poco sono quelli piccolini e blu in cui si muore di caldo, che però dalla stazione non siamo riusciti a prendere (evidentemente era un altro terminal) ed eravamo anche stravolti quindi non ci siamo impegnati troppo e gli abbiamo dato 20.000 pesos, contro i 30.000 che voleva il nostro, abbiamo sgranchito le gambe e ce lo siamo fatti andare bene.
Day 13: Parque Nacional Tayrona e cavalli impazziti
Morale della favola, siamo arrivati all'ingresso del parco verso le mezzogiorno abbiamo lasciato i bagagli al deposito bagagli del ristorante lì fuori (portarsi il backpack grande dentro è una pessima idea).
Per entrare dovrete comprare un'assicurazione, far vedere il passaporto e comprare il biglietto di ingresso che costa circa 15€ a prescindere dal numero dei giorni in cui starete dentro (attenti agli orari di ingresso e uscita e al limite giornaliero di biglietti).

Una volta all'interno abbiamo preso un colectivo che ci ha risparmiato un'oretta di cammino buona (5k pesos) e da lì abbiamo iniziato il nostro trekking, perché sì, dentro al parco si può solo fare trekking, o andare a cavallo.
Il Parque Nacional Natural Tayrona è un paradiso di biodiversità dove spiagge incontaminate incontrano la giungla lussureggiante.
Il parco è davvero molto bello... ed estremamente fangoso, ma ci sono diverse passerelle che permettono di non infangarsi fino alla gola.
Ci vuole circa un'oretta di cammino per arrivare a vedere il mare, ma non tutte le spiagge sono balneabili infatti, causa onde forti solo alcune sono adatte alla balneazione.
Un'oretta di cammino sembra niente, ma vi assicuro che con il 99% di umidità i 35° si sentono tutti, quindi non la definirei propriamente una passeggiata.
Mi avevano terrorizzato con l'idea che dentro non si potesse pagare col bancomat, di portare cibo, di portare acqua... addirittura ho sentito dire di portare 5 litri a testa!
Raga no, cioè vendono tutto dentro al parco, magari sarà un po' più caro, ma non penso che nessuno morirà per questo.
Così ci siamo fermati super accaldati alla prima spiaggia balneabile a fare un tuffo, berci un succone di frutta e mangiare due gamberetti che non fanno mai male.
Dopo un'altra mezz'ora di cammino siamo arrivati a Cabo San Juan che è dove abbiamo poi dormito in tenda per una 30ina di euro di due.
Che per essere una tenda non è pochissimo, ma tenete conto che sono tende di lusso, con un vero materasso e io ci stavo in piedi!
Noi siamo stati fortunati, e spavaldi, per essere arrivati fin lì senza aver prima prenotato, sperando di trovare un posto, ma se volete essere più saggi vi basterà chiedere ai tantissimi operatori all'ingresso del parco quali sono le strutture rimaste disponibili perché su booking non troverete quasi nulla.
Il posto è quello iconico che vedete anche sulla copertina della Lonely Planet, per intenderci. E' oggettivamente molto bello, anche se ovviamente è il più frequentato in tutto il parco, ma io non l'ho sofferto molto.
La sera abbiamo cenato nel ristorante del campeggio (non di certo un 5 stelle, ma ha fatto il suo dovere) e il giorno dopo abbiamo fatto sì e no 10 minuti di cammino verso sinistra per raggiungere le due spiagge nudiste che ci sono subito al di là del camping.
Queste due spiagge sono letteralmente deserte, ovviamente la seconda più della prima. Sono delle distese infinite di sabbia dorata con onde arrabbiate che si infrangono una dopo l'altra. Una meraviglia. In pratica ho passato 24 ore a correre nuda sulla spiaggia, è stato veramente liberatorio e meraviglioso.

Abbiamo poi deciso di tornare all'uscita del parco, non camminando, ma bensì con un cavallo (60.000 pesos) anche per poterci godere un po' di più la spiaggia durante il giorno, perché c'è un limite massimo orario di uscita. Ovviamente nessuna esperienza con i cavalli per quanto mi riguarda può essere una semplice avventura! Chi mi conosce sa tutte le puntate precedenti di questa storia e di cavalli impazziti tra Brasile e Marocco.
Non potevamo certo essere da meno in Colombia, quindi prima il mio cavallo si è perso e sono finita al di là di una staccionata e va beh, poco male, fortunatamente sono tornata sulla retta via, con l'aiuto di altri ranger. Da aggiungere alla storia che il nostro "datore di cavalli" che ci seguiva a piedi, tanto carino, ma aveva palesemente dei deficit motorio-cognitivi per cui era veramente complicato comunicare con lui, ai limiti dell'impossibile direi, motivo per cui il mio cavallo ha deciso giustamente di seminarlo velocemente. Abbiamo iniziato una galoppata forsennata nel parco che è stata onestamente meravigliosa... peccato che è stata così frenetica che il cellulare che avevo al collo nel mio porta cellulare abbia deciso di suicidarsi nel fango insieme alla carte di credito che tengo sempre lì dentro.
E voi penserete, poco male, torni indietro e lo recuperi dove è caduto. Ma no ragazzi, qui parliamo di una quantità di fango impressionante, tipo mezzo metro, tipo sabbie mobili, ritrovarlo senza sapere esattamente dove fosse caduto sarebbe stato impossibile. E infatti l'avevo già dato per perso, il mio I-phone che vale come una tredicesima era perduto. Ma forse Dio esiste, perché fortunatamente un signore dietro di me ha visto la scena e me l'ha riportato a fine tragitto. Non è meravigliosa l'umanità alle volte?
A questo punto la cosa intelligente sarebbe stata proseguire per Palomino come avrei dovuto inizialmente fare, ma per motivi di buona compagnia ho deciso di tornare verso Santa Marta per la mia ultima notte lì, dormendo non a Santa Marta che è bruttina, pericolosetta e confusionaria, ma Taganga che è un microscopico villaggio di pescatori subito attaccato alla città, molto tranquillo e carino, che per una notte e un giorno è stato perfetto. Abbiamo dormito in un ostello molto carino con piscina, arroccato sulla collina, con vista sul golfo!
La sera abbiamo cenato in spiaggia al ristorante Pachamama, meritevole (stranamente per la cucina colombiana) e con i piedi nella sabbia.
Day 14: Taganga e il non snorkeling
La mattina dopo avrei dovuto muovermi subito in direzione Palomino, ma ho pensato, va beh, già che sono qui, vediamo cosa di può fare in zona.
Così sono andata in spiaggia, dove ci sono diversi ragazzi che voglio venderti dei tour. Io ho preso un barchino per una decina di euro e mi sono fatta portare a Playa Grande, facendomi abbindolare come una cretina dal fatto che mi avessero detto esserci una fermata snorkeling, e sapevo che lì i fondali erano molto belli.
La verità è che è stata una inculata incredibile perché quello che loro chiamano snorkeling era semplicemente darti una maschera, del mangime per i pesci in mano e farti delle foto subacquee in mezzo a oggettivamente un sacco di pesci gialli.
Ma era uno stop fotografico, non una fermata snorkeling.

Una tristezza infinita, ma i sud americani impazziscono per le foto ricordo e sono capaci di restare in fila per ore per un stupido scatto.
Inoltre Playa Grande (dove ci hanno scaricati per poi tornare a prenderci nel pomeriggio) non è assolutamente grande, né così emozionante. Cioè, lo è per i colombiani la cui massima aspirazione è quella di sedersi su delle sedie di plastica in spiaggia e mangiare a dismisura fino al tramonto. Io che invece non apprezzo, dopo un paio d'ore mi sono fatta riportare indietro (è molto vicina) e ho finalmente preso un autobus per Palomino.
Ripasso davanti all'ormai familiare ingresso del Parque Tayrona e, dopo un paio d'ore, verso il tramonto, eccomi arrivata.
PALOMINO
Arrivare a Palomino è un po' come essere catapultati in un'altra dimensione, e soprattutto in un altro tempo, dove le ore e i minuti sono più lenti. Siamo al confine con la Guajira, una regione aridissima e poverissima, ma estremamente affascinante, abitata ancora da tribù tradizionali. Palomino è un po' la porta verso un altro mondo, un paesino abitato da hippies, gente che vende cristalli e incensi, droghe più o meno legali, e gioielli fatti a mano. Qui non c'è asfalto, le strade sono fatte di terra e sabbia e bisogna saper rallentare.
Al mio arrivo l'oceano era bello arrabbiato ed è stato bellissimo camminare lungo quella infinita spiaggia al tramonto, con i bambini delle tribù indigene che giocavano con le onde.

La sera mi concedo una cena di tutto rispetto da Tiki Hut con risotto di pesce e musica dal vivo, continuo a commettere lo stupido errore di prendere un bicchiere di vino dimenticandomi, ogni sera, quanto faccia schifo da questa parte di mondo, ma nessuno è perfetto. Dopo cena passeggio lungo mare, o più "dentro mare", nel senso con l'acqua alle ginocchia, per passare da un bar all'altro, perché non c'è un strada che li collega e la marea è alta. Finisco in questo posto delizioso, fronte oceano, dove facevano ottimi cocktail, ma più cari che in Italia, e musica dal vivo. Faccio amicizia con barista e i musicisti che mi invitano ad andare con loro ad una jam più tardi, e chi sono io per rifiutare? Tutta Palomino, essendo molto piccola, si riunisce attorno all'evento del giorno, quindi alla jam vicino alla spiaggia c'erano proprio tutti, i turisti, ma soprattutto gli abitanti di Palomino, quelli che l'hanno scelta come casa. Finita la jam andiamo sulla spiaggia dove spinge un reggaeton durissimo. E di duro non c'era solo la musica, non so se mi spiego. Ballare reggaeton in Sud America è un incrocio tra un'esperienza divertentissima e gratificante e una violenza sessuale, il limite può essere labile ;) Schivo tutte le avances della terra e arrivo sana e salva in Ostello, alloggio presso el Zoo Hostel, che è molto carino ed economicissimo, ma tornando indietro forse andrei al Selina che è proprio fronte spiaggia.
Day 15: Tubing e lunghe spiagge bianche
Il giorno dopo mi faccio tutta la spiaggia a piedi, fino a dove l'oceano incontra il fiume. Lì ci sono diversi baretti dove poter pranzare o anche prendersi solo un succo su un'amaca, che è sempre un'ottima idea. Alle 15 poi avevo prenotato per fare tubing, per chi non lo sapesse, si tratta di sedersi su dei ciambelloni gonfiabili e farsi trasportare dalla corrente lungo il fiume. Ne vendevano diversi tipi, durata e adrenalina, io ho preso quello rapido e semplice da un'oretta perché volevo solo rilassarmi. Mi trovo nuovamente come unica cliente del tour, il mio nuovo amico Cesar mi carica su un motorino con ben 2 giga ciambelloni sotto braccio e mi porta su per la foresta su strade sterrate, dove inizierà il tubing. La cosa più bella di questa oretta è stato Cesar che mi ha raccontato tantissime cose su questo luogo magico e sulle tribù Wayuu, che vivono sulle montagne circostanti, a qualche ora di cammino, ma che spesso vengono in città per fare degli scambi.
Sono bellissimi nei loro abiti bianchi eleganti, così in contrasto con i top crochet e i pareo delle tante insegnanti di yoga che abitano questo posto. Per loro il fiume è sacro, così come la foresta, tutta la natura qui è venerata, come è giusto che sia.
Mentre scivolo lungo il fiume, in lontananza, sulla cima della Sierra Nevada appaiono nuvoloni neri, tuoni e fulmini. E' solo l'inizio di quello che sarà un bel diluvio universale, che durerà qualche ora quella sera. Dopo cena ha smesso, avrei effettivamente potuto uscire, ma ormai ero entrata in mood coccolo il gatto che si è impossessato del mio letto, che tanto domani mattina alle 6 ho la sveglia.

E infatti, puntualissima, guado le mille pozze che si erano formate durante la notte e lascio Paolino per andare verso la mia nuova, ed ultima tappa: Minca.
Lascio Palomino con un grande rimpianto, non aver potuto avere il tempo di fare il tour di tre giorni in alta Guajira, ai confini con il Venezuela.
Se volete farvi un'idea del tour (che non potete fare in autonomia, ma solo con guida e autista) lo trovate QUI.
Un deserto giallo, che si butta direttamente in mare, con abitanti che vivono in condizioni di vita ai limite del tollerabile, e la possibilità di dormire solo su un'amaca sotto le stelle per due giorni.
Non penso spesso "qui ci tornerò" quando sono dall'altra parte del mondo... ma qui ci tornerò!
MINCA
Minca è un piccolo villaggio situato alle pendici della Sierra Nevada, a meno di un'ora da Santa Marta. È nota per la sua straordinaria bellezza naturale e la sua atmosfera rilassata tra cascate, panorami mozzafiato e alloggi a misura di backpacker.
Da amante di cascate e pozzette, proprio non potevo saltare questa tappa.

Ho scelto, per dormire un ostello che avevo visto nelle stories di altri viaggiatori anni prima. Si chiama Rio Elemento, affaccia sul fiume, dove si può fare il bagno e ha una piscina su cui dev'essere crollato tempo fa un enorme tronco che nessuno ha mai rimosso. Davvero un posto magico.
Per arrivarci sono scesa a Santa Marta e mi sono fatta lasciare alla fermata dei minibus per Minca che teoricamente passano ogni mezz'ora per soli 10000 pesos. Ovviamente io ho aspettato molto di più, ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
Minca si trova a 600 mentri sul mare ed è incredibile come cambi il clima ed il paesaggio rispetto alla vicinissima Santa Marta. Questa è giungla, ed è bellissimo.
Minca non è altro che una via con qualche ostello e un paio di ristoranti, per il resto ci si muove principalmente a piedi, oppure con i moto taxi, e si può arrivare a vedere le tante cascate nei dintorni.
Il primo giorno mi sono lanciata subito verso la Cascada Perdida (8k pesos), con una piacevole passeggiata, poi ho mangiato un pessimo hamburger ma con un panorama pazzesco da Jurassic Park sulla via per raggiungere il ben più famoso pozo azul (6k pesos) che, posso dire, di azul non avevano davvero niente, forse complice le piogge dei giorni precedenti o forse quella che stava per scendere dal cielo.
Sono arrivata che ancora non pioveva, nonostante il non-sole c'era davvero tanta gente, messa come sempre sulle solite sedie in plastica a mangiare e bere cose comprate al baracchino che hanno posizionato praticamente sulla pozza.
Diciamo che così perde buona parte del suo fascino.
Purtroppo Minca è diventata iper famosa per i tour in giornata da Santa Marta, per cui è molto difficile trovare questi posti vuoti.
Dopo pochissimo ha iniziato a diluviare, e ho pensato, va beh, un temporale, aspetto che spiova e poi torno. Dopo un'ora non solo non accennava a smettere, ma l'acqua del fiume stava visibilmente salendo, così decido di infracicarmi a merda e tornare a piedi.
All'ingresso del parco però c'erano ancora dei moto taxi in funzione e penso "meglio 10 minuti in moto che più di un'ora a piedi sotto la pioggia" così accetto e mi faccio portare all'hotel in moto.
Uno dei viaggi più surreali della mia vita, attaccata alla sella di questo motorino che si stava comportando (per quanto con grande attenzione e saggezza) da motocross andando in quelli che per me sono sentieri di montagna, in pendenza, tra sassi bagnati, buche di ghiaia e pozzanghere. Sentieri che a mio avviso non sarebbero stati adatti e nessun mezzo di trasporto, se non a dei piedi.
Ad ogni modo torno viva e vegeta, e fradicia.
Purtroppo la coda dell'uragano mi sta perseguitando, e se sulla costa le piogge arrivano verso sera, qui in montagna, già all'ora di pranzo iniziano a farsi sentire.

Finita la pioggia decido di andare a vedere il tramonto in questo ostello con una terrazza panoramica top (occhio che per arrivarci si cono 20 minuti di gradini).
Mi siedo, sorseggiando il mio margarita, mi giro e...hey, ma io ti conosco.
Era un ragazzo conosciuto nella jacuzzi dell'ostello a Medellin. E così mojito dopo mojito, chiacchiera dopo chiacchiera, siamo finiti alla festa organizzata nel mio ostello a ballare fino a tardi. Fa strano vedere come quello che era un paradiso di pace si sia trasformato in un set per un disco party, ma tutto sommato non mi faccio troppe paranoie e prendo quello che viene.
Day 19: Minca e altre cascate
La mattina mi do appuntamento col mio nuovo amico per andare a vedere altre cascate.
Questa volta tocca al Oido del Mundo e alla Cascada Marinka, entrambe raggiungibili a piedi con una bella passeggiata dal centro.
Oido del Mundo ha una bella pozza per nuotare, è gratuito e meno affollato rispetto alla più famosa Marinka, che in realtà sono due diverse cascate. La prima ha una vasca per potersi fare il bagno, mentre le seconda è più "estetica".

Purtroppo il mio tempo a Minca era quasi terminato, nel pomeriggio infatti torno a Santa Marta per andare in aeroporto e tornare a Bogotà.
Cose che non vi racconto nel dettaglio, ma che dovreste sapere:
Wingo, la compagnia low cost colombiana aveva cancellato la prenotazione del mio volo, e me ne sono accorta solo qualche ora prima di andare in aeroporto. Tutto risolto, a parte che non sono ancora riuscita a riavere i miei 76€ euro
Ho scioccamente preso un autobus urbano per andare in aeroporto, non fatelo mai, ci ho messo 1h30 per fare tipo 4km. Il bus di linea fa letteralmente tutto il centro storico, per poi tornare due metri prima della fermata in cui avrete preso il bus, e solo a quel punto continuare verso l'aeroporto. Un taxi può essere un'ottima opzione.
BOGOTà E PARTENZA
Bogotà è il perfetto anticamera per un rientro meno traumatico.
Un ultimo giorno in Colombia, con però la giacchetta, circondata da gente che lavora, da una città metropolitana (anche se la metropolitana non c’è), dal traffico e dalla frenesia di una capitale, senza mai tralasciare il vortice di colori che solo questo paese sa regalare.
Arrivo a Bogotà di sera e questa volta scelgo di alloggiare nel centro storico al Selina, andando contro a tutti quelli che ti dicono che no, che è pericoloso bla bla bla. Non è vero, non è sicuramente allo stesso livello di Chapinero, ma se non siete qui per la night life potete serenamente alloggiare in centro, che però, dato di fatto, la sera è piuttosto desolato. Così prendo un uber e mi faccio portare a Chapinero, per un'ultima botta di movida ma, attenzione, scopro che la domenica sera è tutto morto. Sono le 22 e nemmeno Mc Donald mi ha più dato del cibo, torno a casa sconsolata e accetto la realtà dei fatti.
Il giorno dopo ho deciso di fare un tour incentrato sui conflitti che hanno devastato il paese negli ultimi decenni. Oltre ad essere stato incredibilmente interessante, mi ha lasciato con una profonda amarezza. La guida ci raccontava di come, dopo un momento di apparente tranquillità, la situazione stia tornando ad essere molto instabile.
L’idea che un paese così meraviglioso e ricco di gioia, possa, eventualmente, tornare a passare anni di buio e violenza, è molto doloroso per me che ho visto il suo lato più splendente. Posso solo sperare che la situazione si stabilizzi e che anche voi abbiate la possibilità di andare in Colombia e scoprire la sua profonda e innegabile bellezza. Con un'infinità di tristezza nel cuore ho passato la mia ultima sera, prima di andare in aeroporto nell'unico angolo vivo del centro città dopo il tramonto: Plazoleta Chorro de Chevedo tra murales e musica dal vivo. Lasciare la Colombia è stato davvero e difficile e forse per la prima volta, lasciando un paese, penso già a quando potrò tornare a visitarlo. Fatevi un regalo, fatevi un viaggio in Colombia!


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