Un'immersione in 4 diverse culture, tutte così profondamente radicate in pochi chilometri quadrati. Un viaggio spirituale anche per il più ateo degli atei.
E' possibile visitare Israele in 4 giorni? Ovviamente sono pochissimi, ma questo non ci ha di certo fermati da partire e dall'immergerci in pieno in questo mix di culture affascinanti. In questo breve periodo abbiamo visitato:
Il nostro arrivo è proprio qui, dove Ryanair aveva da pochissimo aperto le sue rotte. Questo viaggio risale a un paio di anni fa, dove ovviamente non sono mancati i “mai sei pazza” andare in quelle terre con tutti quei problemi… Beh, tirerò le somme di questa situazione a fine articolo. Sta di fatto che un biglietto a 60euro a/r da Milano era più forte di qualunque potenziale pericolo. Sono stata 4 giorni a inizio dicembre. Niente, ma proprio niente, avrebbe potuto essere meglio che atterrare, lasciandosi alle spalle i 5 gradi di Milano, e trovarsene 27, con un #sole splendente, all’arrivo. (Ho scoperto in seguito che c’è stata anche una discreta componente di fortuna, che non è proprio proprio sempre così, che talvolta in inverno piove e che a Gerusalemme nevica pure!). Ma il primo pensiero è stato: la vita è una figata... a sole 4 ore di aereo da Milano. Iniziamo dal primo scoglio per andare in Israele: #frontiera e #visto. Il visto te lo fanno direttamente in aeroporto, e assolutamente non sul passaporto, ma su un foglietto a parte, perché avere il timbro di Israele vuol dire non poter più entrare in moltissimi paesi islamici. Viceversa, se avete viaggiato recentemente in paesi con governi estremisti islamici potreste avere problemi ad entrare, nel caso fate un check prima di partire. I controlli per entrare sono piuttosto severi, e a mio avviso, piuttosto ridicoli. Oltre le solite domande di rito su intenzioni, cosa si visiterà, se si visiterà anche la parte palestinese, religione, quanto si resta etc etc etc hanno fatto a me e all mio ragazzo delle domande incrociate tipo: da quanto state insieme, come vi siete conosciuti, convivete? Prima a entrambi e poi a tutti e due separatamente. Mi sentivo più ad una cena coi nuovi suoceri che in aeroporto!
DAY 1 - ARRIVO A TEL AVIV
Fortunatamente va tutto liscio e possiamo imbarcare, e pure sbarcare! Avevamo preso una casetta in affitto su #airbnb (fortunatamente una sola notte). Non vorrei dilungarmi eccessivamente su questa storia, ma in totale riassunto, quella che da tutti era quotata come la miglior location dove soggiornare a Tel-Aviv, col miglior host della terra, si è trasformato in un mezzo incubo alla trainspotting. Siamo rimasti davanti a quel portone indicato sul sito per più di un’ora. Nessuno ci ha aperto la porta o risposto al telefono, nonostante avessi avvisato già dall’aeroporto che stavamo arrivando. Quando finalmente ecco qualcuno che ci apre, sembra arrivare dall’oltretomba. (ma dove sarà stato per tutta l’ora precedente mentre bussavamo?) Alle sue spalle si intravede un mondo buio, oscuro, sudicio. La luce del sole che viene da fuori illumina una ragazza e due ragazzi che dormono sversi su un divano abbracciati e seminudi. Qualcuno mormora un “come in, sorry sorry, we had a great night yesterday”. Non proprio la migliore delle accoglienze. L’odore in quella casa era tutt’altro che piacevole, un mix tra fumo, curry e polvere. Era una sorta di loft in cui in mezzo al soggiorno troneggiava un freezer che perdeva acqua, e tutto il resto era messo assolutamente a caso, compreso un lavandino da bagno all’ingresso e nulla sembrava avere un senso logico. Troviamo, con un po’ di intuito la nostra camera al piano di sopra, mentre gli altri 3 continuano beatamente a russare. Ho visto camere più pulite, molto più pulite. Ma in quel momento il mio unico pensiero era uscire al sole e andare a scoprire la città. La doccia poteva aspettare un giorno, e noi saremmo sopravvissuti per una sola notte. Ci impossessiamo di un paio di chiavi trovate sul tavolo e scappiamo da quell’inferno di devastazione.
Tappa prima: CARMEL MARKET
E abbiamo pure dovuto correre, perché è venerdì e da venerdì pomeriggio fino a sabato sera, in terra ebraica, c’è solo morte e desolazione.
(Cercherò di non far trasparire tutto il mio dissenso nei confronti dello #shabbat e di altre varie tradizioni particolari. Facciamo che sono tradizioni e come tali vanno accettate).
Fortunatamente ce la facciamo, ci perdiamo tra le tante viuzze piene di bancarelle che vendono qualsiasi cosa: succo di melograno, pane arabo con pollo piccante, spiedini, dolci mielosi...e tanto tanto altro.
La cosa che più mi ha stranito ed emozionato di questo mercato è che era molto simile per prodotti e struttura a uno dei vari mercati del nord Africa.
Ma, invece di essere sporco e pieno di uomini urlanti che cercano di portarti nel loro stand, fitto di donne con velo e burqa… lì era tutto ordinato giovane e bello! I consumatori sembrano tutti perfettamente occidentali ad un primo sguardo. Ogni pochi metri, tra una bancarella e l’altra si trovano dei simpatici bar, in totale stile hipster/radicalchic dove i clienti sembrano essere solo ragazzi dai 20 ai 35, possibilmente belli come il sole e ben vestiti ( e benestanti! Perché i prezzi non erano di certo quelli di un mercato marocchino). Insomma un mix davvero affascinante, che mi piacerebbe rivivere.
Vicino al Carmel si trovano tantissime stradine con negozi #vintage e locali per ogni gusto, ma soprattutto di gusto! Luoghi perfetti per la nullafacenza della domenica! ( ma non di sabato!!!)
Finite le nostre sperimentazioni culinarie ( non saprei nemmeno dire cosa ho mangiato, ho indicato cose a caso nelle bancarelle che più mi ispiravano), abbiamo optato per una bella passeggiata#lungomare.
Siamo partiti dal bellissimo parco Charles Clore, per poi sedere in riva al mare ad Alma Beach.
Il lungomare di Tel-Aviv, soprattutto a dicembre, trasmette una #pace infinita.
La gente sta in #spiaggia a leggersi un libro, a chiacchierare, a baciare la propria ragazza. Sembra proprio il posto in cui ognuno può fare ed essere ciò che preferisce.
Infatti, Tel-Aviv è rinomata proprio per il suo essere una città sorridente, #aperta e #gayfriendly.
(Poi se senti parlare loro è la migliore città sulla faccia della terra, con i migliori geni, le migliori startup, i migliori locali etc etc etc. Tutto vero, ma raccontato con quel filo meno di supponenza forse sarebbe ancora più credibile).
Dopo poco il sole purtroppo è tramontato, è pur sempre inverno!
Torniamo nel #tugurio, giusto per metterci qualcosa di un po’ più pesante, e usciamo alla scoperta di Jaffa, la parte vecchia della città.
JAFFA BY NIGHT
Purtroppo non siamo riusciti a vederla di giorno, con tutti i suoi negozietti e il suo mercatino delle #pulci. Ma anche la sera, con quelle luci calde giallastre che riflettono sui muri di #pietra ha un grande fascino. Mi verrebbe molto difficile dirvi dove andare a Jaffa vecchia, andate e perdetevi tra i vicoli!
Salendo dal porto verso la città vecchia attraverso una scala di pietra, arriverete fino ad una piazza dove si trova la #Fontana dello #Zodiaco. Poco più su si trova un bellissimo punto #panoramico da cui si vede tutta la città, per arrivarci dovrete attraversare il #Ponte dei #desideri.
La leggenda dice che se si sale sul ponte, si appoggiano le mani sul proprio segno zodiacale e si esprime un desiderio guardando il mare, questo si avveri.
Per cena, su consiglio del pazzo tossico, siamo andati a The Old Man and the Sea.
Devo dire, che nella sua stranezza, non posso che #consigliarlo. Innanzitutto perché si trova sul #porto di Jaffa, in una splendida posizione panoramica (abbiamo mangiato praticamente sull’acqua, a dicembre, ricordiamocelo!). E poi perché la formula è molto carina. C’è un menù, dal quale si sceglie un piatto principale ( io avevo preso un pesce alla griglia, buono) e prima del piatto da te scelto tipo portano qualcosa tipo 23 assaggini, quasi impossibili da finire, e della limonata, il tutto per circa 35 euro a testa, contando che è Tel-Aviv, molto onesto. Un po’ stremati dalla giornata ci siamo limitati a bere una cosa veloce in un baretto in pietra di Jaffa, di cui non ricordo il nome, quindi non ho molte esperienze sulla #nightlife, ma ero soddisfatta anche così!
DAY 2 - DA TEL-AVIV A GERUSALEMME
Dovevamo spendere ancora qualche ora a Tel-Aviv, quale idea migliore di una bella colazione sulla spiaggia? Vicinissimo a casa/tugurio c'era questo posto qui Parakalo, un ristorante greco che non faceva colazioni, ma la location era troppo bella per dire di no. Anche senza brioches e con prezzi non proprio economici.
Poi una bella (lunga) camminata fino alla stazione degli autobus, non avevamo molta altra scelta essendo in pieno shabbat. Troviamo subito uno SHERUT giallo ( un taxi collettivo) ce ne sono tantissimi nei paraggi, basta scegliere quello giusto. In poco più di un'ora e 64 shekel in meno, siamo a Gerusalemme. Passeggiamo fino al nostro B&B, dove avremmo lasciato giù le valigie. La camera era davvero molto carina, con tutto l'interno in pietra, in una zona molto bella, poco fuori le mura e vicino alla movida. Pochissimo dopo andiamo alla scoperta della città Santa. Google maps qui vi aiuterà molto poco, è più facile avere un'idea di insieme usando una di queste piantine, dove si capisce perfettamente la divisione tra il quartiere ebraico, quello mussulmano e quello armeno.
o questa per capire meglio dove sono i monumenti.
Appena varcate le mura del Jaffa Gate abbiamo iniziato a camminare e perderci tra le viette, i venditori di tessuti, spezie e gioielli.
Ci siamo fermati a mangiare un piatto al volo in un ristorantino in una piazza deliziosa (piazza Muristán) per poi dirigerci verso il muro del pianto.
Ci avevano molto #terrorizzato su come sarebbe stato il sabato a Gerusalemme, già mi immaginavo tutto chiuso e nessuno in giro, in realtà tutto il contrario.
Moltissimi venditori sono mussulmani e non ebrei, motivo per cui quasi tutte le attività sono aperte. Mentre nel mondo ebraico c’è un gran #fermento per il loro giorno di festa, certo nessuno lavora, ma tutti vanno al muro del pianto in #preghiera, vestiti di tutto punto con abiti tradizionale e cappelli assai bizzarri. Così abbiamo deciso di andarci anche noi.
Muro del Pianto
Non sapevo bene cosa aspettarmi dal muro del pianto, non avevo mai nemmeno visto una foto. Sicuramente è un luogo emozionante, non per il luogo in sé (sempre di pietre stiamo parlando), ma per tutta la ritualità che vi aleggia attorno.
Innanzitutto le donne e gli uomini hanno due ingressi ben separati.
Gli uomini per entrare devono coprirsi il capo con la tradizionale #kippah.
Le donne stranamente non devono fare granché, se non essere vestite in modo decoroso. Ovviamente spinta dalla curiosità sono entrata, e sono andata fin davanti al muro, tenendomi sempre un po’ di lato, perché comunque mi sentivo una straniera in terra santa. Tra le fessure del muro è pieno di #bigliettini che le persone piegano e incastrano lasciandoci le proprie speranze. Per toccare o baciare il muro c’è la fila, quasi assente di turisti, ma piena di donne in preghiera. Alcune si avvicinano al muro, lo baciano e si allontanano. Altre rimangono ore con la faccia attaccata alla pietra, piangendo e parlando in quella lingua a me incomprensibile.
All’interno dello spazio ci sono diverse sedie in plastica, le persone le prendono, le spostano e le avvicinano al muro per la preghiera, oppure prendono uno dei tanti libri sacri disponibili e si fermano lì a leggere.
Un’altra cosa decisamente bizzarra per noi, è che nessuno va via dal muro del pianto dandogli le spalle, quindi una volta finita la preghiera, si vedono tanti esseri umani a capo chino, camminare al contrario un po’ goffi, buttando lo sguardo dietro la schiena di tanto intanto, per evitare di andare a sbattere contro una sedia o un’altra persona.
Purtroppo tutte queste immagini meravigliose non le abbiamo potute immortalare con la macchina fotografica perché durante lo #shabbat è vietato fare foto.
Abbiamo solo uno scatto rubato, che però trovo bellissimo.
Le Mura di Gerusalemme
Finita la visita al muro siamo passati alle mura, plurale.
Abbiamo comprato il biglietto per i camminamenti, lo consiglio, il prezzo è basso ( circa 5 euro) e la vista splendida. Noi abbiamo percorso tutta la parte alla destra della porta di Jaffa fino a dove è possibile, praticamente abbiamo circumnavigato metà della città santa.
Poi un altro giretto per la città, passando per la via dolorosa e la basilica di sant’Anna. E infine per due spicci ci siamo infilati in questo cortile che stava per chiudere, perché, ci avevano detto all’ingresso, c’era una bellissima vista sulla cupola dorata.
A cena siamo andati a mangiare in una sorta di fast food radical-chic, molto carino, di humus. Che, devo ammetterlo, era molto buono.
Il problema è che già al secondo giorno l’humus di stava un po’ uscendo dagli occhi.
Israele non è propriamente un posto economico, nemmeno proibitivo con le giuste accortezze, ma mangiare carne o pesce in un ristorante con tutti i crismi può risultare parecchio costoso, mentre l’humus vince sempre su tutti e tutto!
La specialità del posto erano queste bacinelle di humus su cui mettevano sopra dei condimenti, tipo funghi, o altro.
Per concludere la serata abbiamo fatto due passi nella via più centrale con i baretti e ci siamo fermati fuori in piazzetta a fumare del narghilè ( a dicembre, così, ogni tanto mi piace ricordarlo)
DAY 3 - MAR MORTO E MASADA
Sveglia all'alba e andiamo a piedi a prendere la macchina (prenotata tramite ryanair da Milano a un prezzo davvero ottimo, tipo 30 euro al giorno), per partire il prima possibile alla volta del MarMorto.
Prima di intraprendere il nostro viaggio siamo saliti al Monte degli Ulivi, da cui si ha una vista pazzesca su Gerusalemme tra tombe e cupole.
"Nel libro di Zaccaria il monte degli Ulivi è identificato come il luogo da cui Dio comincerà a far rinascere i morti alla fine dei secoli. Per questo motivo, gli ebrei hanno sempre cercato di essere sepolti sulla montagna; dai periodi biblici ad oggi il monte è stato usato come cimitero per gli ebrei di Gerusalemme. Si valuta che vi siano 150.000 tombe" (wiki)
Mentre andavamo verso il mare ci siamo fermati perché incuriositi da diversi bus parcheggiati.
L'attrazione era una lapide che segnava che da lì in poi eravamo sotto al livello del mare, con tanto di cammellino agghindato per la foto poco lontano.
MAR MORTO
Proseguiamo la lunga strada che costeggia il mar morto e con mio estremo stupore mi rendo conto che è tutto interamente circondato da guard rail, rendendo impossibile l’ingresso al mare.
Il panorama è magico, ma non c’è maniera di avvicinarsi all’acqua.
Le uniche due indicazioni per la spiaggia trovare sulla via, portavano a stabilimenti chiusi. Quindi niente, cominciavo ad essere un po’ spazientita per non riuscire ad arrivare al mare. Finché ecco che il guardrail si interrompe. Non è sicuramente un ingresso ufficiale, sia chiaro, ma c’è un piccolo spiazzo dove c’erano un altro paio di macchine, e la possibilità di accesso alla “spiaggia” che poi spiaggia non è.
Pochi metri più in là c’era un gabbiotto coi militari armati fino ai denti, come sempre in Israele, abbiamo sperato che nessuno ci sparasse e siamo scesi a piedi lungo questo sterrato. Il nulla.
Fino a che, dopo un po’ ( diverse centinaia di metri, perché la strada è parecchio lontana dal mare) vediamo delle tende, più d’una, alcune anche molto grandi e attrezzate. E poi qualche hippie qui e là che girellava in mutande e scalzo. Parlavano inglese e altre lingue europee, non erano israeliani.
Beh, se ci possono stare loro, potremmo passarci anche noi noi?
Così proseguiamo e arriviamo fino alla riva.
Nessuno.
Cioè avete questo ben di dio di mare e nessuno si avvicina? Perché?
Cominciavo ad essere insospettita.
Ma non vedevo l’ora di buttarmi in acqua per sentire il famoso effetto galleggiamento del mar morto. In verità era un po’ strano, c’erano le onde e il mare non era immobile come quello che avevo visto in foto...
Mi butto, rimango vicina alla riva perché avevo letto di gente che a causa di questo super effetto galleggiamento ci era rimasta secca, perché aveva iniziato a bere e non aveva finito più.
Ok, sono dentro.
Galleggio.
Sì galleggio, ma non così tanto.
Va beh, è calda e si sta bene.
Bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi perché le formazioni cristalline di sale a volte possono essere molto taglienti.
Mi fermo un po’ sulla riva, mi riempio dei fanghi trovati sulla battigia e poi mi risciacquo.
Una volta asciugata sembro un branzino in crosta di sale, ma ovviamente lì non c’erano esseri viventi, figuriamoci l’acqua dolce.
Così belli salati torniamo in macchina e cerchiamo un posto che avesse due panini da darci per un simil pranzo. E guida, e guida, e guida, e nulla. Passiamo davanti al parco Natuale di En Gedi, che doveva essere un posto meraviglioso, con tanto di cascate nel deserto etc etc etc, ma purtroppo non avevamo il tempo. I trekking duravano almeno due ore di cammino e noi dovevamo ancora andare a Masada. Forse lì dentro ci sarebbe stata la possibilità di trovare un bar, ma era tutto un luogo transennato, quindi siamo passati oltre. Non moltissimi chilometri dopo, fortunatamente, avvistiamo una struttura che pare aperta. Lo era. Una sorta di campeggio nel deserto, con un piccolo bar. Eravamo gli unici avventori, e il bar non possedeva nulla se non coca-cola e pizza surgelata. Mai nella vita ho trovato più opportuna una bella pizza congelata. In Israele. Nel deserto! :) Fortunatamente avevano anche i bagni, così, un po’ di sale me lo sono levata, ma non troppo eh.
LA MERAVIGLIA DI MASADA
Una mezz’oretta dopo eccoci a Masada. Come si sarà evinto da questo diario, sono arrivata in Israele totalmente ignara di cosa avrei trovato, e Masada di certo non faceva eccezione. Avevo semplicemente letto di questa roccaforte del deserto e sembrava molto interessante. Bene, Masada è di una bellezza surreale.
Per salire i 400 metri che la separano dal livello del mar morto abbiamo preso una sorta di funivia con un panorama mozzafiato sul deserto e sul mare. In alternativa, i pazzi e i masochisti, possono salire attraverso la scalinata del serpente, il vecchio cammino per raggiungere la città, chiamato così per l'infinito numero di tornanti che lo caratterizzano.
Per visitarla bene bene due ore ci vorrebbero, ma giusto per essere originali, noi non le avevamo. Abbiamo fatto una full immersion di 1h nelle parti principali.
Un po' di storia di Masada
Un tempo Masada era ritenuta insespugnabile! Aveva mura alte cinque metri, lungo un perimetro di un chilometro e mezzo, con una quarantina di torri alte più di venti metri. L'unico punto d'accesso infatti era l'impervio sentiero del serpente. Cionostante Masada pareva ambitissima, e i Romani, dopo anni di assedio nell'anno 74 riuscirono a entrare nella città, costruendo un'imponente rampa (ancora oggi visibile) che gli permise di arrivare fino alle sue porte con gli arieti. Quello che trovarono al loro ingresso però non era stato previsto: tutta la comunità ebraica dei Sicarii si era tolta la vita, pur di non essere sotto messi dai Romani. Dopo essere stati cacciati malamente dalla guida che voleva chiudere il parco, rieccoci in macchina verso casa.
(Ora glisseremo un attimo sul fatto che io abbia sbagliato a impostare il navigatore, che siamo finiti prima in un quartiere-ghetto di ultra ortodossi, dove siamo rimasti fermi 10 minuti perché della gente stava spostando delle specie di altari, mentre dei ragazzini coi boccoli a bordo viso e il completo nero ci bussavano al vetro dell’auto chiedendoci sigarette…e poi dentro la città santa, che, inutile dirlo, non sarebbe propriamente adatta ad accogliere le auto. Motivo per cui siamo arrivati al rent a car, che aveva già chiuso da 10 minuti, e siamo dovuti ritornare lì la mattina dopo all’alba per le pratiche di riconsegna).
Mahane Yehuda Market by night
A cena siamo andati al famosissimo Mahane Yehuda Market, in un ristornare buono e a buon mercato, ma con porzioni da cavallo!
Vedere il mercato di notte è molto bello, perché moltissime delle saracinesche delle attività sono dipinte da writers molto bravi che danno al mercato un’aria molto artistica e underground.
Finita la cena sentiamo una musica in lontananza e decidiamo di seguirla. Uno dei tanti stand stava facendo un piccolo concerto in mezzo ai corridoio del mercato. La band era molto brava e aveva raccolto attorno a sé un pubblico folto e assolutamente eterogeneo. Siamo rimasti lì un po’ a ballare e ad ascoltare musica, è stato molto bello… Finché non sono arrivati 5 ragazzetti, vestiti civili, con poco più di 20 anni a testa, e un kalashnikov al collo a testa. Dovete sapere che in Israele la leva #militare è #obbligatoria, sia per i ragazzi che per le ragazze, e dura due anni. Sicuramente questi erano bravissime persone in cerca di un po’ di divertimento, ma vi assicuro che quando si balla con cinque persone armate fino ai denti a due centimetri da te, diventa tutto molto meno divertente. Gli israeliani ovviamente sono abituatissimi, ma per noi europei è una situazione molto strana e per niente gradevole. Così siamo tornati verso casa, e nell’uscire dal mercato, abbiamo trovato altre due ragazze, una in tenuta antisommossa, con un cane da fiuto, che stavano, con fare da #CSI, probabilmente cercando esplosivo o droga all’interno del mercato. Che insomma, manco questo ti fa sentire proprio proprio a tuo agio.
Questo racconto era per riprendere la domanda iniziale:
ISRAELE è SICURA?
Per quanto mi riguarda, io mi sono trovata benissimo e non mi sono mai sentita in pericolo, ma il fatto di essere costantemente circondato da persone armate mi mette molto a disagio. Inoltre, ciliegina sulla torta, la mattina dopo il nostro ritorno, quel piccolo genio di Trump ha avuto la brillante idea di dichiarare di voler spostare l’#ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Il che ha portato ovviamente, non so se vi ricordate, a un sacco di scontri, casini, manifestazioni, feriti e così via. Nessun turista si è fatto nulla. Anche se fossimo stati lì in quel giorno non ci sarebbe accaduto nulla, ma avremmo avuto la scocciatura di non poter uscire di casa, o quasi. Che sicuramente è poco piacevole, ma fa parte dei rischi che vanno tenuti in conto se si va in terre così instabili.
DAY 4 - TOUR DI GERUSALEMME
Ultimo giorno, molto triste, devo ammettere.
Ci mancavano ancora un sacco di cose da vedere.
Così, di mattina presto, per evitare le usuali code, ci mettiamo in fila per la spianata delle moschee.
SPIANATA DELLE MOSCHEE
In realtà noi siamo entrati velocemente con tutto agio. A parte domande stupide tipo “di che religione sei?” all’ingresso, controlli, doppi controlli, metal detector e così via. Entriamo e iniziamo a passeggiare. La moschea di 'Omar è davvero meravigliosa, quel blu che armonizza con il blu del cielo e contrasta con l’oro luccicante della cupola. Purtroppo non si può entrare perché è riservato ai mussulmani, ma vale la pena anche solo vederla da vicino.
Storia della spianata delle moschee.
"A causa della sua importanza per l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam è uno dei luoghi religiosi più contesi al mondo".
"Oltre ad al Aqsa l’edificio più importante è la cosiddetta Cupola della roccia, costruita nel luogo dove secondo l’Islam il profeta Maometto salì in cielo; ebrei e musulmani inoltre concordano sul fatto che la roccia sulla quale avvenne questa ascensione, conservata all’interno della Cupola della roccia, è la stessa su cui il patriarca biblico Abramo stava per sacrificare suo figlio Isacco su richiesta di dio.
Nello stesso luogo in cui si trova la Spianata delle moschee, quasi duemila anni fa, sorgeva il Tempio di Salomone, il principale luogo sacro per gli ebrei, che fu distrutto dai Romani nell’assedio di Gerusalemme del 70 d.C. e mai più ricostruito. Del Tempio rimane solamente un muro esterno che oggi è diventato il luogo di culto più importante per gli ebrei, e che è situato pochi metri più in basso della moschea al Aqsa: il cosiddetto Muro del pianto. Gli ebrei si riferiscono all’intero complesso religioso come הַר הַבַּיִת, Har HaBayit, letteralmente “il monte della casa [di Dio]”. È per questa ragione che in inglese è diventato Temple Mount, “il monte del tempio”. A complicare ulteriormente le cose, a poca distanza dalla Spianata è situata la Basilica del Santo Sepolcro, il luogo dove secondo i cristiani Gesù Cristo è stato seppellito e poi è risorto." (cit)
Unico inconveniente di questo splendido luogo, un pelo di intransigenza. Mi sono avvicinata al mio ragazzo per fare una foto insieme e ho osato mettergli una mano su una spalla. Non ci stavamo baciando, o abbracciando in modo intimo e passionale. Mano_sulla_spalla. Eppure è arrivata una guardia, armatissima ovviamente, a dirci di smetterla, che quello era un luogo sacro, che è irrispettoso. Ora, cerco di evitare di dilungarmi oltre sulla questione. Mi domando solo cosa potrà mai fregargliene al Signore se io poggio la mano sulla spalla del mio ragazzo come segno d’amore e d’affetto. Non credete che forse gli dia un pochino più fastidio vedere da lassù che in una sola striscia di terra, due popoli dialogano solo e unicamente a suon di mitra? Ma ribadisco, non son qui a parlare di politica.
IL SANTO SEPOLCRO
Per non farci mancare lo shock culturale siamo andati subito a visitare il Santo Sepolcro, ovvero, dove si dice che sia stato poggiato il corpo defunto di #Gesù.
La chiesa in sé è molto bella ma, come sempre, la cosa più bella sono gli esseri umani che la animano. Ciò che più mi ha stupito è stato vedere gente da ogni parte del mondo, spinta da tanta fede. C’erano dei signori africani, con vestiti coloratissimi, delle donne velate, con tratti russi, delle vecchine europee e uomini dall'aspetto asiatico.
La scena più scioccante è stata la calca attorno alla pietra su cui si dice fosse stato posato il corpo di Cristo. E' vero, viviamo in Italia, paese molto cattolico, ma non siamo più abituati a vedere tra cristiani un certo di tipo di fede. Non so quante persone alla volta ci si mettevano affianco a capo chino, pregandola, toccandola e baciandola.
Una di queste signore africane colorate a un certo punto ha iniziato a tirar fuori dalla borsa una quintalata di #souvenir tra candele, rosari e cianfrusaglie, li ha strofinati bene bene, uno alla volta sulla pietra per poi rimetterli via, come se dopo aver toccato la pietra, avessero acquisito non so quale potere #miracoloso.
Insomma, scioccante ma bellissimo.
La guerra tra ebrei, cristiani e mussulmani è evidente, quotidiana e presente tanto in Israele, quanto in ogni altra parte del mondo, basta accendere un TG per rendersene conto.
Però, la prima impressione che ho avuto passeggiando per il centro di Gerusalemme, è stata quella di un precario, ma miracoloso equilibrio, tra tante diverse culture, che si rispettavano e proteggevano a vicenda (i poliziotti che si occupano della sicurezza alla spianata delle moschee sono comunque israeliani). Forse è stato solo uno sguardo superficiale e ingenuo da turista, ma per me è stato così.
Purtroppo il nostro viaggio termina qui, dopo poco avremmo preso il bus per andare in aeroporto a Tel Aviv (la fermata non è esattamente facilissima da trovare se non chiedete), dopo esserci fermati a mangiare un kebab che avrei digerito 15 giorni dopo. Alla prossima Israele! Mi piacerebbe tanto poter tornare con più tempo e andare a visitare anche i territori occupati come #Betlemme o #Nazareth! Ah, sappiate però che se ci andate, all'aeroporto vi chiederanno se ci siete stati, e non vi conviene mentire. E a quel punto se lasciarvi passare o meno è una scelta della polizia israeliana! NB. Le foto stupende sono di Paolo Nepi, quelle orribili del mio cellulare.
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