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  • Immagine del redattoreValentina Saracco

Itinerario di 15 giorni in India, tra Rajasthan e Varanasi (ad agosto)

Per questo itinerario di 15 giorni in India abbiamo scelto un percorso abbastanza classico, che prevede le principali città del Rajasthan, fino al deserto toccato da Jaisalmer, per poi rientrare su Jaipur. Obbligata la tappa ad Agra, per vedere il Taj Mahal, e infine in night bus fino Varanasi, per concludere in bellezza.



tempio delle scimmie agra rajasthan

PREMESSE:

  • Per poter fare questo stesso tour in soli 15 giorni sarà fondamentale avere un autista. In autobus e treno è fattibile? Certo, è fattibile, ma vi ci vorrà molto più tempo. E se quel tempo lo avete vi consiglio caldamente di farla in treno, perché in macchina le distanze sono molto molto grandi ma si possono percorrere solo di giorno, mentre col treno potreste pensare di fare qualche tratta notturna.

  • Se cercate un driver affidabile, vi lascio il contatto di Ram, che ci ha accompagnato per oltre 10 giorni, con la massima gentilezza e disponibilità, aiutandoci sempre dove necessario.

contatti autista india


  • Per parlare dell'India sicuramente un solo articolo non sarà sufficiente. Qui mi limiterò a raccontare il nostro itinerario e le cose che abbiamo visto durante questi 15 giorni, in modo da poter prendere spunto dalla nostra esperienza.

  • Si dice che l'India o la ami, o la odi. Io non sento di poter essere così categorica, ma posso da subito dire che non sono una di quelle persone che è tornata da questo viaggio cambiata, spiritualmente rinvigorita, e con il fortissimo desiderio di prenotare subito un altro volo per l'India. Per me è stato, lo ammetto, un viaggio difficile. E sono una persona abituata a viaggiare, zaino in spalla, paesi poveri e poco turismo, non infradito e villaggio turistico. L'india è tosta, sicuramente è più tosta se te la fai con 46 gradi percepiti, ritmi di viaggio serrati come i nostri, e un'intossicazione alimentare devastante durata tutti i 15 giorni. Quindi sì, sicuramente tutto questo ha influito sulla mia percezione dell'India. Quella che troverete di seguito è solo la mia esperienza, che spero possa aiutarvi e orientarvi, ma siate pronti ad andare in India e vedere totalmente un altro paese rispetto a quello che io vi sto raccontando qui, perché la verità è che esistono moltissime Indie. Buona lettura

ITINERARIO DI VIAGGIO DI 15 GIORNI IN RAJASTAN (E VARANASI)



  1. in viaggio verso l'India - via Istanbul

  2. Arrivo a Delhi - un tuffo nel caos

  3. Mandawa - la città delle haveli

  4. Bikaner - e il tempio dei topi

  5. Jaisalmer - la città d'oro

  6. Jodhpur - la città blu

  7. Pushkar - la città sul lago sacro

  8. Jaipur - la città rosa

  9. Fatehpur - la città fantasma

  10. Agra e il taj Mahal

  11. Varanasi - la città della morte



IN VIAGGIO VERSO L'INDIA - via Istanbul


Io e Sofia ci mettiamo in viaggio verso est, sapendo di dover incontrare Niccolò in Turchia, per poi proseguire insieme il nostro viaggio in India. Dopo uno scalo lungo ad Istanbul e una notte insonne per prendere l’aereo precedente, eccoci di nuovo fresche come rose, pronte per un altro aereo notturno.

La compagnia è la IndiGo, per la quale nutriamo qualche fondatissimo sospetto.

Infatti per essere un volo intercontinentale il servizio è davvero ai minimi storici.

Niente coperte, cuffiette o qualsiasi altro genere di comfort.

Il cibo è arrivato per miracolo (e solo all'andata) e soprattutto abbiamo passato un volo intercontinentale davanti ad un bellissimo schermo bianco senza film, musica o intrattenimento di vario genere. Insomma, 6h potenzialmente interminabili, ma fortunatamente le ho dormite tutte perché ero ko. Noi il volo non l'abbiamo pagato poco, anzi, circa 900€, ma era l'estate dei costi dei voli impazzati e l'abbiamo preso sotto data. Se volete controllare e cercare prezzi migliori per il vostro volo per l'india potete farlo QUI

ARRIVO A NUOVA DELHI - un tuffo nel caos


Arriviamo a nuova Delhi all’alba, da lì proviamo a prendere un Uber ma scopriamo subito che le nostre carte di credito europee non sono accettate dalla compagnia.

Si potrebbe pagare cash ma non abbiamo ancora ritirato, così prendiamo un banalissimo taxi, che ci chiede più o meno il doppio, ma sono comunque una decina di euro per mezz’ora di strada, quindi assolutamente fattibile. Arriviamo in hotel in una mezz’ora.




L’hotel è onestamente terribile, nonostante le ottime recensioni su Booking e il fatto che si trovi proprio di fianco alla stazione nella via con tutti gli hotel turistici.

NB. in India, le finte recensioni sono un grosso grosso problema, non fidatevi mai del tutto di quello che leggete su tripadvisor o simili Fortunatamente è solo per una notte, tolleriamo dunque le enormi chiazze di muffa sul muro, gli asciugamani dalle dubbie macchie e l’impianto elettrico che cade a pezzi.


La mattina ci alziamo presto e andiamo in un bar che pare vagamente strizzare l’occhio all’Occidente sperando che ci diano una colazione. Hanno 4 pagine di menù ma dopo averci fatto scegliere con cura ci dice che in realtà hanno solo 3 cose, succo di anguria e il loro pane da colazione che ci facciamo andare bene, con ovviamente le loro tempistiche eterne fatte di attese, suspance, lentezza e riflessione. Ma questa è l’India, bisogna semplicemente accettarlo il prima possibile.


Prendiamo un Tuktuk per il centro, contrattando 100 rupie (ve ne chiederanno ovviamente il doppio) e scendiamo al Forte Rosso, principale attrazione della città. Fa un caldo fotonico, il giorno prima ci sono stati i festeggiamenti per la festa di indipendenza quindi è pieno di fiori e bandiere ovunque.

Turisti occidentali pervenuti: contati sulla punta delle dita di una mano. Ma dove sono tutti? In fondo siamo nell'attrazione principale della capitale... le risposte che mi sono data sono due: - gli altri turisti sono più intelligenti di noi e non affrontano un viaggio nel Rajasthan ad agosto andando incontro a morte certa - gli indiani sono così tanti da far sembrare i pochi turisti occidentali invisibili

In compenso tanti turisti indiani che spesso timidamente si avvicinano per chiederti un selfie o per sapere da dove vieni e come ti chiami. Io li trovo molto teneri. Diciamo li trovavo molto teneri, quando poi ti ritrovi letteralmente assalito da 30 persone alla volta per un selfie, ammetto di aver cambiato un po' idea.


Ma torniamo al Forte Rosso; ci vogliono 600 rupie a testa per il biglietto base o 950 con inclusi anche i musei (che noi non abbiamo visto). Onestamente a me non ha fatto impazzire. Se avete poco tempo penso che possiate anche solo vederlo da fuori e dedicarvi a altro. Finito tour siamo stati braccati da un signore che ha cercato in tutti i modi di accalappiarci per portarci in giro sul Tuk tuk. Stremati dal caldo, confusi dal primo impatto con l'india e stanchi dal viaggio cediamo e accettiamo. Quello che però non avevamo capito durante la contrattazione è che il Tuk tuk non era a benzina come tutti, era una bici, guidata da lui e dai suoi super quadricipiti.


Ci porta a fare un giro tra gli strettissimi vicoli del bazar del centro e poi a vedere Jama Masjid: la più grande moschea dell’India (sappiate però che pagherete per vedere un cortile, perché la moschea non sussiste, se non, per appunto, per l’area enorme esterna). Dopo siamo andati a vedere un tempio sikh, molto interessante, e un altro tempio di indefinita sottobranca dell’induismo con delle sale interne meravigliosamente decorate, ma non abbiamo ricordi perché non era permesso fare foto, non era permesso fare un sacco di cose in realtà. Incluso entrare con le mestruazioni.

Questa cosa mi fa sempre un sacco ridere perché immagino chi mai potrà venire a controllare la veridicità delle mie dichiarazioni. Avrei voluto avere il ciclo giusto per il gusto di trasgredire e vedere quale dio avrei fatto incazzare per aver portato un tampax nella sua casa. Ma purtroppo no. Niente sangue a sto giro.



Finiti i templi ci porta anche all’antico mercato delle spezie, davvero odorosissimo, e poi su per delle scale zozzissime che portano ad un affaccio zozzo su un cortile zozzo di quella che probabilmente 200 anni fa era una pregiatissima casa coloniale, oggi è un condominio fatiscente da cui si ha una splendida vista su una fatiscente Delhi.


Ci facciamo giustamente inculare pagando del tè a peso d’oro nel posto in cui ci porta il nostro pedalatore di tuk-tuk e poi lo salutiamo. Il compenso concordato era 300 rupie, sono tipo 3€ e 50 per 2/3 ore in cui ha pedalato per noi. Praticamente schiavismo. Ma era il primo giorno e avevamo ancora molta poca dimestichezza col cambio, ripensandoci però, avremmo dovuto comunque dargliene almeno il doppio per tutto il sudore che ha versato per noi. Sentirsi degli stronzi sporchi colonialisti bianchi è molto facile in India. Ancora di più quando fai un giro in risciò. Effettivamente può sembrare un'attività deplorevole, la verità è che, in primis, per loro è un normale mezzo di trasporto, che usano anche gli stessi indiani per spostarsi in città, in secondo luogo, per quanto possa sembrare una scelta dalla dubbia eticità, abbiamo pagato una persona per i suoi servizi, aiutandolo a portare a casa il pane quel giorno. Ho la coscienza quasi pulita, quasi.



È ora di pranzo inoltrata. Cerchiamo un posto per pranzare che possa sembrare vagamente affidabile. Niente. Non c’è nulla di lontanamente occidentalizzato o quanto meno con degli standard igienici sopra lo zero in pieno centro a Nuova Delhi. Può sembrare assurdo ma è così.

Le strade brulicano di street food, ma iniziare così il primo giorno è davvero rischioso.

Così, affamati, riprendiamo un tuk-tuk e torniamo verso l’orribile albergo. Anche qui in realtà i ristoranti papabili non sono molti all’ora di pranzo.

Così, in preda alla disperazione prendiamo dei succhi di frutta frasca, rigorosamente senza ghiaccio, e del Naan da un baracchino, letteralmente del pane, niente più.


Ci spostiamo verso un’altra zona di Delhi per andare a vedere quello che pensavamo essere il memoriale di Gandhi. Spoiler: non era quello, avevamo invertito i pin. Succede anche ai migliori. E fu così che ci trovammo dentro ad uno dei monumenti più assurdi che io abbia mai visto in vita mia: Akshardham.



Innanzitutto prima di entrare bisognava spogliarsi ogni avere, letteralmente tutto, ma soprattutto non avere con sé il cellulare, trattato al pari di un oggetto del demonio. Lasciato tutto in una sorta di guardaroba, entriamo in questo complesso immenso. Il caldo è tanto, ma fortunatamente c’è pace, contrariamente al centro città che pare più simile a uno dei sette gironi dell’inferno. Dove siamo? Non riusciamo a capirlo. Dei cartelli indicano show e spettacoli quotidiani, mentre ovunque ci sono statue di dei hindù.

Capiamo da subito che per quanto quel giorno non ci sia quasi nessuno, quello sia un posto nato per ospitare tantissima gente, lo si vede dal numero delle finestrelle per il guardaroba, dalle file per i controlli personali, dal numero di tornelli, che manco a Gardaland. Esatto, ecco dove sembrava di essere: a Gardaland.

Tutto era bellissimo, ma allo stesso tempo nuovissimo e all’apparenza fintissimo. E noi eravamo lì, che camminavamo in questo luogo in cui eravamo finiti per caso, senza cellulari e quindi senza la possibilità di capire realmente dove ci trovassimo, se fosse un parco divertimenti o il tempio di una nuova setta nata l’altro ieri, quando finalmente scopriamo che possiamo fare un biglietto per l’intrattenimento del complesso (l’ingresso generico è gratuito). Investiamo così splendidamente 4€ a testa e andiamo a fare un giro su una barca su monorotaia che passa in un buissimo percorso sotterraneo. I soldi sono stati spesi benissimo anche solo per il fatto che là sotto c'era un freschino invidiabile, e poi abbiamo fatto questo tour passando a finaco di centinaia di cere che rappresentano le varie tappe della popolazione indiana e le sue grandi scoperte. Stando alla voce guida gli indiani hanno inventato più o meno qualsiasi cosa, compresa la bomba atomica nella preistoria. Avete presente l’attrazione della barca dei pirati a Gardaland?! Ecco, eravamo lì, ma circondati da indiani. Una volta avuto accesso a internet questo è quello che scorpiamo:

Akshardham' significa la dimora divina di Dio. È acclamato come un luogo eterno di devozione, purezza e pace. Swaminarayan Akshardham a New Delhi è un Mandir, una dimora di Dio, un luogo di culto induista e un campus spirituale e culturale dedicato alla devozione, all'apprendimento e all'armonia. Messaggi spirituali induisti senza tempo, vibranti tradizioni devozionali e antiche architetture si riflettono nella sua arte e architettura. Il mandir è un umile tributo a Bhagwan Swaminarayan (1781-1830), agli avatar, agli dei e ai grandi saggi dell'induismo. Il complesso in stile tradizionale è stato inaugurato il 6 novembre 2005 con la benedizione di HH Pramukh Swami Maharaj e attraverso gli sforzi devoti di abili artigiani e volontari." Fun facts: Più di 300.000.000 ore di volontariato sono state impiegate per la realizzazione del complesso. Oltre 8.000 volontari provenienti da tutto il mondo hanno partecipato alla sua costruzione.


Usciti da questo luogo molto perplessi, ma anche ammaliati da tanta “tantezza” ci spariamo un bel giardino di epoca britannica con antiche tombe, laghetto e giardini di rose, dove io mi secco una pennica micidiale su una panchina (il viaggio e il caldo si fanno sentire) e poi andiamo a procacciarci del cibo. Troviamo su google un ristorante indiano che ha la faccia di strizzare l’occhio all’Occidente, design nuovo e curato, piatti carino etc, chiediamo a un tuk-tuk di portarci là dopo la solita contrattazione. Ci mettiamo tutta la vita a fare pochi chilometri; è l’ora di punta, tutta Delhi è in strada in questo momento. Tutta Delhi sta suonando il clacson in questo momento.

Dopo averci messo 30 minuti ad uscire da una rotonda, esausti ci facciamo lasciare sul ciglio della strada e andiamo a cercare il ristorante a piedi.

Spoiler: il ristorante non c’è.

Il pin inserito su google maps è sbagliato. E qui torna il "non fidatevi mai di pin e recensioni su internet in india!". Sad but true.

Siamo affamanti e stanchi, contrattiamo un altro Tuktuk, che vuole sempre di più per il traffico oggettivamente insostenibile.

Alla fine troviamo un posto dove mangiare vicino a casa, con delle ottime recensioni e con un sacco di indiani che stavano mangiando. Chiediamo un piatto con un po’ di tutto, tipo loro degustazione e lo dividiamo. Ci sono verdurine, lenticchie, riso, paneer e pane. Paghiamo qualcosa tipo 2€ a testa e i proprietari sono gentilissimi. Il fatto che sia così pieno ci fa pensare che niente sia rimasto lì a lungo e che quindi possa essere abbastanza "safe". Finita la cena ce ne torniamo in hotel dove cadiamo in coma dalla stanchezza.


MANDAWA: la città delle haveli

Conosciuta come il "Museo a cielo aperto dell'India" è famosa per le sue haveli, riccamente decorate con affreschi e intagli artistici, che narrano storie di ricchezza e splendore passati. Queste erano infatti case di importanti commercianti e servivano sia per far vedere agli altri "colleghi" quanto si era ricchi, sia come "compensazione" per la famiglia che ci viveva, essendo che il marito, commerciante, non era mai a casa.



Il mattino seguente conosciamo Ram, il nostro autista, starà con noi per i prossimi 10 giorni.

Saliamo in macchina e ci spariamo le delicatissime 5 ore che ci separano da Mandawa.

Stanchissimi dal viaggio arriviamo in questo paesino dimenticato dal signore, ma il nostro hotel è bellissimo, “bellissimo” per l’India. Ad ogni modo è dentro ad una Haveli, una villa con cortili interni interamente affrescata. Se non si guarda il bagno e la biancheria da letto va sempre tutto molto bene.

A Mandawa fa un caldo devastante.



Io morente su una terrazza a Mandawa
Io morente su una terrazza a Mandawa

Contrattiamo una guida dell’hotel per fare il giro del centro, che ci propone di iniziare alle 17 per non morire sotto al sole, accettiamo. Io mi sento deboluccia, come se il mio corpo stesse combattendo contro qualcosa, ma iniziamo lo stesso il tour. Affreschi di qui, affreschi di là. Tutto molto bello, se non che, a un certo punto, nel bel mezzo della strada vomito l’anima.

Eccola, l’attesissima intossicazione alimentare.

Ero sicura che sarebbe arrivata, ma non pensavo il secondo giorno. Cosa diavolo era stato? Tutto quello che abbiamo mangiato era cottissimo, solo pane e verdure e i succhi che abbiamo chiesto erano rigorosamente senza ghiaccio.


Purtroppo non avremo mai una risposta a questa domanda. So solo che è stata l’intossicazione alimentare più pesante della mia vita, che mi sono trascinata dietro per 15 giorni in India e quasi due mesi in Italia, non lo raccomando nemmeno al mio peggior nemico. A posteriori saprò di aver preso shigella e giardia, purtroppo non avrei potuto fare nulla per evitarlo, se non nutrirmi solo di creakers in busta, credo.


Dopo essere quasi morta a bordo strada (ho letteralmente visto tutto bianco accasciandomi a terra) ed essere stata soccorsa da dei simpatici indiani con delle pezze bagnate, ho deciso che potevo continuare il tour.

Al quarto pit stop vomitino nelle praticissime fognature a cielo aperto di Mandawa però ho desistito mi sono fatta portare in camera dall’autista.

Medicine come se non ci fosse un domani e nanna.


Nanna fino a che non vengo svegliata da un rumore fortissimo proveniente dal cortile dell'hotel: è il nostro padrone di casa che ha deciso di fare un bel karaoke in giardino, rigorosamente con la funzione echo attiva.


Non potevo perdermi questo momento, così mi metto un paio di pantaloni e scendo a vedere questa scena surreale. Dopo poco siamo stati gentilmente invitati (in indiano si legge obbligati) a cantare anche noi una canzone in italiano.

Così è partita la canzone del sole ed è subito falò di ferragosto a Mandawa. Prima di ripartire, mi sveglio presto e mi faccio una passeggiatina in centro per vedere quello che non avevo visto il giorno prima perché morente. Le haveli del centro sono davvero splendide, e in qualche hotel ti fanno anche entrare a vedere le camere in cambio di un sorriso, in qualche altra ti chiedono un euro o poco più.




BIKANER - e il tempio dei topi


Il giorno seguente ci aspettano un'altra carrettata di ore per arrivare a Bikaner.


Abbiamo deciso di viziarci e prendere un super hotel per festeggiare i nostri 3 compleanni (tutti ad agosto), il Narendra Bhawan Palace Arriviamo in hotel (un ex palazzo da mille una notte) e ci accolgono degli uomini in divisa suonando delle trombe. Io volevo un po' morire. L’eccesso di lusso è una cosa che mi mette sempre un po’ in imbarazzo, ma in un contesto così povero come l’India è, se possibile, ancora peggio. Ad ogni modo, diciamocelo, se avete questa possibilità economica, vale la pena concedersi questa coccola.


hotel di lusso bikaner

Io sto meglio per fortuna, ma purtroppo la maledizione colpisce Sofia, che lasciamo in hotel mentre andiamo a visitare il Palazzo.

Devo dire molto bello, ma sarà solo uno delle decine di palazzi piuttosto simili che si trovano in Rajasthan.

Finito il giro del palazzo ci facciamo portare in centro.



La via per arrivare all’arco (inizio del centro città) è una costellazione di spazzatura, mucche sbragate in strada, tuk-tuk sonanti e mercati fetidi. Non c’è davvero niente di vagamente attraente in questo luogo.

Forse ci sarebbe stato andando ancora più avanti, dove sembravano esserci alcune haveli di pregio, ma non siamo riusciti ad arrivarci là. Un passaggio a livello chiuso ha creato un tappo umano (e di tuk-tuk ovviamente) semplicemente invalicabile. Il caldo era atroce, il chaos devastante, ci arrendiamo a torniamo in hotel.

Un piccolo angolo di paradiso nel bollente inferno che si può esperire là fuori.


infermiere dell'hotel

Sofia è ancora abbastanza ko, chiamiamo un medico in stanza (almeno sta morendo in un luogo estremamente di classe). Assistiamo ad una delle scene più divertenti della nostra vita. Arriva questo medico belloccio, che sembra uscito da un medico in famiglia, seguito da "assuocuggino". Il medico, che pare abbia lo stetoscopio al collo solo per dimostrare di fare davvero parte della categoria e di non essere un figurante, esordisce con un “It's a viral infection, but i have to go", e ci molla tutta la notte con "assuocuggino", tra selfie da mandare in famiglia, pianti per aghi in vena e flebo attaccate alla abat-jour con il mio cordino del telefono. Scene che non dimenticherò facilmente. E nemmeno Sofia.


La mattina dopo però, nonostante tutto sto casino, Sofi non sta ancora benissimo, così io e Niccolò decidiamo di andare da soli al famoso tempio dei topi, dove vivono più di 20mila creature e... che dire? Abbastanza schifo, ma per l’igiene, non per i topi in sé che non mi creano nessun disagio. Fortunatamente ci hanno dato dei salvascarpe perché entrare scalzi e camminare tra la merda di topo equivale a morte certa.

Ad ogni modo uno mi ha cagato addosso dal soffitto, sono davvero ovunque. Un’esperienza folkloristica ,ma non così incredibilmente imperdibile.



Copio qui alcune curiosità che trovate anche su Wikipedia per gli interessati: "La leggenda narra che Lakshman, figlio di Karni Mata, annegò in uno stagno a Kapil Sarovar a Kolayat Tehsil mentre tentava di abbeverarsi. Karni Mata implorò Yama, il dio della morte, di rianimarlo. Prima rifiutò ma alla fine Yama cedette, permettendo a Lakshman e a tutti i figli maschi di Karni Mata di reincarnarsi come topi"

  • Tra tutte le migliaia di topi nel tempio, ce ne sono alcuni bianchi, considerati particolarmente sacri. Si ritiene che siano le manifestazioni di Karni Mata stessa e dei suoi quattro figli. Avvistarli è una benedizione speciale e i visitatori fanno grandi sforzi per portarli alla luce, offrendo prasad, un dolce cibo sacro.

  • Mangiare cibo che è stato rosicchiato dai topi è considerato un "alto onore".

  • Se uno di loro viene ucciso, deve essere sostituito con un altro di argento massiccio.


Raccattiamo sofi e partiamo verso il luuuungo viaggio che ci porterà a Jaisalmer, la città del deserto.


JAISALMER - la città oro


Jaisalmer è una delle città più antiche del Rajasthan. La sua posizione remota nel deserto la rende unica ed affascinante. Il chaos è inferiore rispetto alle altre città della regione, e camminare a piedi tra le sue mura è molto piacevole. Il Forte di Jaisalmer si staglia imponente sulla città e ospita templi, haveli, palazzi e una vista mozzafiato sul deserto circostante. La città è famosa anche per la sua vivace cultura fortemente influenzata dalle tradizioni rajput e dalla vita nel deserto.


jaisalmer

Abbiamo preso un b&b carinissimo con vista sulle mura QUASI pulito, il padrone però, per quanto gentilissimo è davvero invadente (ma dai?! In India…) e lievemente megalomane. Ci tiene a specificare svariate volte che lui è un bramino, quindi è in diretto contatto con Dio e quindi lui può tutto, compreso far star meglio Sofia che (SPOILER) non è successo.


Ci facciamo una bellissima cena sul terrazzino (pane e acqua ovviamente perché anche il mio sistema digerente sta ancora uno schifo) e andiamo a nanna. Il giorno dopo io e Nik andiamo alla scoperta della città con una guida, che in un paio d’ore ci racconta tutta la storia della città e ci porta in alcuni bellissimi posti come un complesso di 7 tempi e alcune haveli. Avere una guida è tutta un'altra storia, finalmente cerchiamo di capirci qualcosa della cultura indiana, anche se siamo ancora molto lontani da una vera e profonda comprensione.



Per il pomeriggio avevamo in programma una cosa fichissima: cammellata nel deserto, cena davanti al fuoco e nanna sotto le stelle. Io un po’ titubante perché comunque non stavo assolutamente ancora bene, ma alla fine mi convinco. Ovviamente però Shiva aveva altri piani per noi e ha fatto diluviare nel fottuto deserto, dove non vedevano una goccia d’acqua da mesi. Quindi arrivati ai cammelli siamo tornati indietro tra temporali e tempeste di sabbia. Addio escursione nel deserto, sarà per la prossima volta. Ceniamo in un posto splendido, una terrazza elegante, dove con ceniamo ovviamente ordino del cibo che non mangio.


La mattina seguente, dopo un breve giretto in città ci rimettiamo in moto verso la tappa successiva: Jodhpur. Jaisalmer è stata davvero splendida, piccola, graziosa, ricca di storia e con dei colori pazzeschi. Peccato per il deserto. Ma evidentemente non era cosa. Il viaggio fino a Jodhpur è eterno, altre 5/6 ore di auto, come praticamente ogni altro viaggio.


JODHPUR: la città blu


Jodhpur, conosciuta anche come la "Città Blu" per l'abbondanza di edifici dipinti in blu nel suo centro storico, è dominata dal maestoso Forte di Mehrangarh, che offre una vista spettacolare sulla città sottostante. Famosa anche per i mercati vivaci e l'artigianato locale, tra cui il Sardar Market. Un piccolo gioiello azzurro, a due passi dal deserto.


tramondo jodhpur

Appena arrivati a Jodhpur nel pomeriggio, prima ancora di andare in hotel, Ram ci porta subito a vedere la fortezza, forse la più bella vista durante tutto il viaggio. La struttura arroccata sulla città blu è magnifica, così come le sale museali al suo interno che raccontano la vita dei maharaja.



L’hotel a Jodhpur è stranamente molto carino con una terrazza panoramica da brividi.


Anche stasera andiamo a mangiare in un posto da mille e una notte vicino alla piazza dell’orologio, e anche stasera non mangio un cazzo perché il “no spicy” in India semplicemente non esiste, anche nei ristoranti più “europeizzati”.



La mattina dopo facciamo un giro tra i suoi bellissimi vicoli blu. Finiamo in un tempio arroccato durante una celebrazione, ci offrono dei dolcetti che ovviamente assaggio perché “tanto ormai”...e che poi vado a comprarmi perché sono buonissimi, in realtà è zucchero puro, ma mi piace.


Passeggiando finiamo in una scuola dove l’insegnante ci tieni a farci sedere e a raccontarci vita morte e miracoli del suo nobile progetto.



Poi osserviamo i bambini lanciarsi nel pozzo di acqua putrida. Lo spettacolo però è bellissimo.

Purtroppo a Jodhpur rimaniamo pochissimo, forse è il mio più grande rimpianto dell’India. Ci sarei rimasta almeno una mezza giornata in più, ma il tempo è tiranno e noi dobbiamo proseguire. Next stop: Puskhar. E via altre svariatissime ore di auto.


pozzo jodhpur


PUSHKAR - la città sul lago sacro


Pushkar è famosa per l'atmosfera spirituale che si respira qui: il lago sacro, Pushkar Sarovar, è circondato da una cinquantina di ghats e templi, incluso l'unico Tempio di Brahma in tutta l'India. La gente del posto crede che fare il bagno in questo lago durante la festa religiosa di Kartik Purnima porti alla purificazione spirituale.

La città è famosa anche per la Pushkar Camel Fair: ve la immaginate una fiera di cammelli?

Oltre al lato spirituale e alle festività, Pushkar è anche ricca di arte e cultura. I suoi vicoli carini sono pieni di negozi di artigianato, caffè accoglienti e gallerie d'arte, senza dimenticare che è il paradiso dei vegetariani, perché qui, trovare carne è quasi impossibile. Insomma, Pushkar è proprio il giusto mix di spiritualità e vivacità che rende questa città davvero speciale.


tramonto pushkar lago


Arriviamo a Pushkar più o meno per il tramonto e il nostro autista ci porta subito a vedere il tempio di Brahama. Unico tempio in India dedicato a lui, pare perché - secondo la leggenda - abbia cornificato la moglie che l’ha maledetto a non essere venerato da nessuna parte nel mondo… tranne che lì.




La strada per arrivare al tempio è un unico bazar pieno zeppo di gente. Una fiumana umana. Tutti indiani. Tutti. Centinaia di migliaia di Indiani che vogliono andare a vedere questo tempio. A peggiorare la situazione c'è che è agosto, e agosto è il mese di Brahama, quindi andare in questo periodo al suo tempio è ancora più in voga.


Seguiamo la folla ma è davvero complicato, veniamo avvicinati da un bambino che ci dice di seguirlo, che ci aiuta lui. Sappiamo benissimo che ci vuole inculare e ci chiederà dei soldi, ma in quel delirio non sembrava comunque una idea malvagia. Lo seguiamo dentro al tempio, dove, detto tra noi, non c’è davvero niente di particolare da vedere per noi occidentali, mentre il nostro bambinetto si fa strada tra la folla per portarci al lago.



Noi sempre più certi che lo scam fosse proprio dietro l'angolo, continuiamo comunque a seguirlo, perché le alternative non sembravano così più allettanti. Sapevamo che Pushkar è famosa proprio perché questo tipo di piccole truffe, quindi eravamo pronti.

Arriviamo al lago, dove ci mettono in mano questi fiori, da tirare un po’ al tempio è un po’ al lago. E tu puoi dire di no tutte le volte che vuoi, ma tanto sti cazzo di fiori te li ritroverai lo stesso in mano. Volente o nolente. Se provi a dire di no, sarai il turista maleducato che si rifiuta di seguire la loro generosissima usanza.

Ci fanno sedere su dei gradoni sul lago, mentre arriva un “santone” a testa, per fare non so quale tipo di benedizione.

Io inizio ad essere incredibilmente infastidita.

Mi chiede il nome di mia madre e di mio padre per poterli proteggere, ma io vorrei solo alzarmi e scappare, sembra una recita fatta male, da pessimi attori, pronti a giocare col tuo senso di colpa o con le tue deboli credenze religiose, per estorcerti quattro spicci.

Perché dopo la benedizione ovviamente ti chiedono un’offerta. Non c'era assolutamente nulla di spirituale o mistico in tutto ciò. Il mio mi ha detto che quei soldi sarebbero serviti a far da mangiare ai bambini del tempio, e che con l’equivalente di 10€ li avrei sfamati per un giorno, ma che se fossi stata una buona persona avrei sfamavo tutti per 7. Con 70€ in india probabilmente ci sfamavo tutta Pushkar. Il tutto detto mentre faceva questa sorta di benedizione in cui tirava in mezzo ai miei genitori. Insomma, davvero poco piacevole, alla fine gli ho dato 2€ e non si è nemmeno lamentato. Mi ha stretto quell’orribile braccialetto rosso e giallo al braccio che vedrete al polso di tutti in città, che però è stata la mia salvezza per tutti i giorni a venire. Chiunque te li proponga tu puoi alzare il polso e dire che ce l’hai già.


Tolta questa spiacevole parentesi, è stata un’esperienza pazzesca! Siamo finiti nel mezzo della cerimonia tra canti, incensi, fuochi e bagni purificatori nel lago. Il tutto con un tramonto viola alle nostre spalle. Un vero spettacolo che ci ha subito messo in contatto con la spiritualità di Pushkar. L’hotel non era malaccio, ma si trovava lievemente fuori dal centro, avevamo anche la piscina, sempre dalla dubbia pulizia, e comunque con un temperatura esterna non così adatta ai tuffi quel giorno. La sera andiamo a mangiare in un locale che faceva anche cucina internazionale per dare un po’ di pace ai nostri poveri stomaci. Sofia azzarda addirittura una pizza. Molto coraggiosa :)


La mattina dopo ci fiondiamo subito in centro per visitare la cittadina, anzi, prima facciamo una colazione spaziale da Laura's Cafè , con una splendida terrazza sul lago e del cibo delizioso e poi andiamo in centro.



All’ingresso del centro c’è un bellissimo tempio bianco ricchissimo di sculture, in cui però non fanno entrare i turisti. Mannaggia a loro.

Presto vediamo quante bancarelle di souvenir e cosine per turisti a buon mercato si trovano qui. Tornando indietro mi prenderei più tempo per lo shopping, invece mi sono limitata ad acquistare compulsivamente una carrellata infinita di orecchini ad un prezzo ridicolo e qualche quadernino.


Sui Ghat la vita scorre lenta e la gente si fa il bagno nelle acque sacre, l’atmosfera è estremamente rilassata e a misura d’uomo, per quanto oggettivamente le persone che vogliono i tuoi soldi sono davvero ovunque. Anche qui avrei passato volentieri mezza giornata in più, ma era già ora di andare verso Jaipur. Però daje, coi viaggi in auto avevamo quasi finito.


lago pushkar

JAIPUR - la città rosa


Jaipur, la "Città Rosa" dell'India, altro non è che la capitale dello stato del Rajasthan. La città prende il suo nome dagli svariati edifici rosa pastello ed è famosa per il Forte di Amber, il Palazzo della città, e l'Osservatorio Astronomico di Jantar Mantar.

Arriviamo a Jaipur nel pomeriggio dopo le solite 4/5 ore di auto e ci fiondiamo subito a vedere il Forte di Amber, scopriamo infatti che il giorno dopo sarebbe stato chiuso per l’arrivo di una delegazione del G20. Faceva molto ridere perché il palazzo era pieno di tizi indaffarati con un pennello in mano, che tiravano linee qui e là per far sembrare il palazzo più bello, che se pensiamo alla nostra soprintendenza per i beni culturali, che necessita di 10 anni e 400 firme per far imbiancare in un muro dal dubbissimo valore storico, capiamo proprio che viviamo in due mondi diversi.



Il luogo è molto bello anche se non si può accedere a praticamente nulla di interno. La sala degli specchi e la vista sul territorio circostante, che a tratti sembra un pezzo di muraglia cinese, è splendido. Pare che una delle cose più turistiche (e di dubbia eticità) da fare al forte sia salire in cima a dorso di elefante. Bene, noi siamo arrivati su in auto e manco li abbiamo visti gli elefanti.


Tornando verso l’hotel facciamo anche un mini pit stop sul lago a vedere il palazzo sull’acqua da lontano.


L’hotel a Jaipur è sni, non male, ma molto turistico, ceniamo sulla terrazza, bella, con però spettacolo obbligato tipico e infinita insistenza da parte degli artisti per comprare cose. Decisamente molto insistenti, come se già non fosse complesso sopravvivere ai venditori ambulanti in strada, almeno a cena, sarebbe carino poter avere un minimo di tregua.

La mattina dopo, freschi freschi, andiamo a visitare il City Palace, ma prima una guida ci accompagna a vedere l’osservatorio astronomico che è veramente affascinante!



L'Osservatorio Astronomico di Jantar Mantar è uno dei cinque osservatori costruiti dal maharaja Sawai Jai Singh II nel XVIII secolo in diverse città dell'India, compreso Delhi. Questi osservatori astronomici furono progettati per misurare il tempo e osservare i corpi celesti, contribuendo alla ricerca astronomica dell'epoca.

Vedrete enormi strumenti in pietra e ottone progettati per misurare con precisione il movimento del sole, delle stelle e dei pianeti. Se pensiamo a quando sono stati fatti, sono davvero incredibili, da restare a bocca aperta! Consiglio una guida per capirne meglio il funzionamento, le potete trovare all'ingresso del sito a prezzi sempre estremamente abbordabili.


Il City palace è anch'esso molto bello, ma è anche l'ennesimo palazzo visto. La guida ci ha spiegato un bel po’ di cose riguardo i pezzi della collezione interna non fotografabile (tipo una marea di vestiti), ma il mio entusiasmo è rimasto bassino.



Ovviamente immancabile una tappa al Palazzo del Vento, dove però non siamo entrati, perché pare non ne valga la pena. Trovandosi su una strada trafficatissima il punto migliore da cui guardarlo in realtà, sono i baretti con terrazza dall'altro lato della strada.


palazzo del vento jaipur

Nel pomeriggio decidiamo di fare dello shopping, a posteriori posso dire esser stata una pessima idea. Tra il caldo, lo smog, i clacson e l’aggressività dei venditori sono uscita più stanca che da una maratona. Jaipur è un posto perfetto per fare shopping, soprattutto per i famosissimi tessuti block painted, ma vi assicuro che vi sentirete talmente aggrediti mentre percorrerete i portici (che altro non sono che un negozio dopo l’altro) da perdere completamente la voglia di fare acquisti. Se vi verrà in mente di posare per sbaglio lo sguardo su un qualsiasi prodotto verrete tirati dentro al negozio a forza e sarà veramente, ma veramente difficile uscirne.


Tenete anche conto che qui, a differenza di altri posti, partono con delle cifre davvero fuori di testa, contrattabili, per l’amor del cielo, ma partono da così in alto che fa stradi dover arrivare a chiedere di pagare il 10% di quello che hanno chiesto.


La sera invece abbiamo fatto una bellissima esperienza, il nostro autista ci ha invitato a cena a casa sua con la sua famiglia che abita nella periferia di Jaipur.


Ricordiamo che Jaipur ha 6 milioni di abitanti e un traffico insostenibile.

Pensando ai matrimoni indiani io mi ero immaginata già un super banchetto imbandito a festa. In realtà è stata una bellissima cena, estremamente umile. Appena arrivati ci hanno accolto con le collane di gioie tipiche di lì e Ram ci ha mostrato la casa, composta in pratica da due piccole camere da letto ed un cortile.


cena famiglia indiana

Abbiamo mangiato in cortile su un grosso banco che serviva sia da tavolo che da sedie. La famiglia non ha mangiato insieme a noi, ma ci ha servito il cibo e poi semplicemente osservato (i suoi famigliari parlavano poco o zero inglese). Questa, che può sembrare una cosa assurda e super imbarazzante per noi (e di fatto lo è), per loro è semplicemente abitudine e un segno di attenzione verso l’ospite. A fine cena poi Ram ci ha portato una piccola torta perché tutti e 3 compivamo gli anni ad agosto. Ci siamo davvero sciolti, un’esperienza che non dimenticheremo.

Il giorno seguente è stato probabilmente il mio preferito.


Siamo partiti la mattina in direzione Agra e ci siamo fermati al Tempio delle Scimmie che, scimmie a parte, è uno spettacolo di tempio incastonato nelle montagne e poggiato su un piccolo lago. Davvero bellissimo, inoltre siamo capitati lì in un giorno di celebrazioni, era pieno zeppo di donne dai vestiti coloratissimi che si facevano il bagno nelle acque sacre e che ovviamente non vedevano l’ora di fare selfie con noi :)



Dal Monkey Temple abbiamo proseguito fino al tempio del sole (mi pare 2 ikm a piedi in salita, ma fattibilissimo). Da quassù si vede tutta Jaipur dall’alto, se ne avete modo, vi consiglio caldamente questa aggiunta.


tempio del sole

Salutiamo le scimmiette e torniamo in auto, e dopo una breve tappa a Bandikui (il pozzo più profondo dell’India o qualcosa del genere), siamo arrivati a Fatehpur. Anche in questo caso il tragitto in auto ero lunghissimo, ma almeno l’abbiamo spezzato con un paio di tappe intermedie.



FATEHPUR - la città fantasma


Arriviamo qui nel tardo pomeriggio, dove una guida meravigliosa (bella e brava) ci porta in giro per quella che oggi è una città fantasma, ma un tempo era una città super avanguardista.


fatehpur city

Fatehpur Sikri si trova a circa 40 chilometri a ovest di Agra. La città fu fondata dall'Imperatore Moghul Akbar nel XVI secolo e fu la capitale dell'Impero Moghul per circa 15 anni, prima che Akbar decidesse di spostare la capitale ad Agra, probabilmente per mancanza d'acqua. In cosa era d'avanguardia questo luogo? Al di là dei dettagli architettonici, il modo in cui era amministrata a livello politico e religioso. Pensate che Akabar il Grande sposò 3 donne: una cristiana, una musulmana e una hindu e costruì ad ognuna di loro un Palazzo, che contenesse però dei rimandi anche alle altre religioni, come messaggio di integrazione e rispetto reciproco. Nella sala delle udienze private si trova una grande colonna in cui vengono rappresentate tutte le religioni esistenti come simbolo di unione, Akbar aveva in qualche senso inventato una religione monoteista attraverso un'idea di sincretismo religioso per cui tutte le religioni credevano in un diverso Dio, ma alla fine quel Dio era lo stesso per tutti.

Nel palazzo si trovano anche cose simpatiche tipo:

  • la pietra su cui venivano giustiziati i condannati a morte, tramite schiacciamento con zampa di elefante

  • una sorta di gigantesca dama formato gigante sul pavimento di un cortile: qui Akbar posizionava le sue concubine e giocava con sua moglie. Se vinceva lui poteva scoparsi chi voleva, se vinceva lei avrebbe avuto "l'onore" di essere scopata da suo marito quella sera. Quando si dice il valore della donna in India...



All'interno del complesso di trova anche Jama Masjid: una delle moschee più grandi dell'India, capolavoro di architettura islamica. La moschea contiene anche il mausoleo di Salim Chisti, colui che predisse l'arrivo del primo e unico figlio di Akbar, questo figlio maschio però, sembra essere stato un uomo abbastanza inetto e molto dedito all'alcol, ciononostante il suo grande merito è stato quello, a sua volta, di aver avuto un figlio, che altro non era che il mandante del Taj Mahal. Ma di questo parleremo in seguito.

Quando visiti la moschea, dopo aver dato una LAUTA somma di denaro come donazione ti danno un sari da mettere sulla tomba con dei fiori (i sari a fine giornata vengono ritirati e regalati alle donne in difficoltà, così dicono almeno) e ti porgono un braccialettino da annodare tre volte al mausoleo. Ogni nodo un desiderio.


moschea fatehpur city

Alla fine era tardissimo, ci siamo visti un tramonto pazzesco e ci siamo rimessi in auto verso Agra.


AGRA - là dove sorge il Taj Mahal



taj mahal

Lo possiamo dire che tolto il Taj Mahal Agra è proprio bruttina? Lo possiamo dire...


Il nostro hotel era tristino, come la media indiana, ma aveva una splendida terrazza proprio sul Taj Mahal, peccato che la sera lo spengano, loro dicono perché il marmo bianco attira le zanzare, io non so se crederci, ma comunque così è. Quindi niente vista panoramica notturna.


Mangiamo qualcosa di mediocre in terrazza perché non troviamo nulla che ci ispiri in zona (e che non sia solo indiano perché comunque i nostri intestini sono ancora fortemente compromessi) e andiamo a nanna.


Sono le 5 am e noi siamo già pronti per entrare al Taj Mahal, abbiamo una guida, per nulla simpatica, ma che comunque si è sbattuta per comprarci i biglietti (11€ a testa circa) inclusa un’acqua e un simpatico sacchettino souvenir.


Allora, bello è bello, è davvero gigante, ma per essere una delle 7 meraviglie del mondo, onestamente non mi ha lasciato queste grandi emozioni. Mille mila foto perché se no è come se non ci fossi mai stato (e perché se no la guida si offende), ma poco altro.

Momento leggenda: Il Taj Mahal, uno dei più celebri monumenti al mondo, è avvolto da una romantica leggenda che racconta la sua creazione. La storia narra dell'imperatore moghul Shah Jahan e della sua regina Mumtaz Mahal. Secondo la leggenda, la regina morì durante il parto del loro quattordicesimo figlio nel 1631. In punto di morte, si dice che abbia chiesto al marito di fare una promessa: costruire qualcosa di straordinario in suo onore, qualcosa che mai nessun altro avrebbe creato. Questa richiesta ispirò l'imperatore a concepire il Taj Mahal come un monumento eterno d'amore.

Il Taj Mahal fu quindi costruito tra il 1632 e il 1653, come mausoleo per la regina defunta. Pare poi, ma questa probabilmente è davvero solo una leggenda, che l'imperatore volesse farsi fare una copia del Taj Mahal sull'altra riva del fiume, in nero, come mausoleo personale, ma aveva ormai sperperato tutti i soldi della famiglia per costruire il primo e quindi del secondo non restano che le fondamenta.


Ah e per chi si domandasse cosa c’è dentro e perché non si è mai vista una foto dell’interno la risposta è semplice: due tombe vuote, perché le originali sono altrove, ma comunque non si possono fare foto all’interno.

È qualcosa di imperdibile? No. Quando sei in India lo puoi evitare? Beh, già che sei lì, diciamo che non andarci è un po' da stronzi.

(Tra l’altro quando siamo andati noi era anche saltata la luce interna ed era abbastanza impossibile apprezzarne a pieno la bellezza. That’s India.)


Subito dopo il Taj andiamo a vedere la Fortezza Rossa, che di base è l’unica altra cosa interessante ad Agra, bella, se non fosse stata la decima in 10 giorni, ma sicuramente merita una visita.

In realtà avendo iniziato all’alba, a metà mattinata avevamo già finito di vedere le cose principali, ma dovevamo aspettare fino a sera per prendere il night bus per Varanasi. Sfanculiamo la guida per nulla simpatica che fa battute sessiste e riferimenti a Berlusconi e le impediamo di portarci a vedere l'artigianato locale, che vuol dire sederti e attendere pazientemente il momento in cui te ne potrai andare, mentre qualcuno ti racconta per filo e per segno tutte le proprietà dell'alabastro, che tu sai già, con estrema certezza, che non comprerai mai, perché manco ti piace.



Decidiamo così di fare due passi nella zona del loro mercato. Io giuro, che non ho mai visto un posto tanto terribile in vita mia. Ma non terribile esteticamente, terribile come vivibilità. Ci siamo ritrovati con i soliti 42 gradi in mezzo ad una fiumana di persone, cercando di schivare tutta la spazzatura/merda che c’era per terra mentre una quantità di Tuktuk/auto/camion suonavano tutti quanti il clacson all’unisono, sotto ad un cavalcavia dove lo smog era così tanto che ci faceva fatica a respirare. Non un bar dove fermarsi, non una panchina, un vago rifugio da quello che a mio avviso era il pianerottolo dell’inferno. So che queste parole potranno sembrare eccessive a qualcuno, ma chi mi conosce sa che io sono una persona estremamente adattabile, ampiamente abituata a viaggiare nel terzo mondo, eppure, stavo lentamente arrivando al mio limite massimo di sopportazione della sporcizia e dell’anarchia, sicuramente aiutata dalle temperature non tollerabili di agosto e dal fatto che ormai da 10 giorni non riuscissi a mangiare nulla se non pane naan e succo di mango.



Andiamo a fare tempo in un bar occidentalissimo con terrazza, dj set, e riferimenti a tinder, per me è stata una grande sconfitta, così come ogni cibo occidentale ordinato, ma ne avevo bisogno, d'altronde non sempre si può vincere. Verso sera Ram ci accompagna a prendere questo fantomatico night bus. Volevamo prendere il treno ma già un mese prima era tutto esaurito e non essendoci voli diretti da Agra a Varanasi abbiamo optato per il bus.



Facendoci il segno della croce andiamo in questa piazzola autostradale a mezz’ora della città, dove dovrebbe arrivare il bus... a un certo punto, forse, chissà, ma è in ritardo. Ovviamente. Aspettiamo. Onestamente, senza il nostro autista che chiedeva in giro, chiamava la compagnia e ci indirizzava per capire qual era quello da prendere, non so bene come sarebbe finita, ma per fortuna c’era lui e quindi fortunatamente il night bus l’abbiamo preso. Al volo, letteralmente. Lanciando le valigie sopra in corsa. Io e Sofi avevamo un micro matrimoniale e Nik una sorta di singola. Privacy e comodità devo dire top, io mi sono fatta una gran dormita, mentre mi sento di dover avere qualcosa da dire riguardo all’igiene e ai servizi. Il nostro materasso era in parte bagnato e credetemi quando vi dico che ho preferito nettamente non sapere di cosa. Inoltre, il bus che millantava di avere il bagno a bordo, aveva in realtà solo il pisciatoio da uomini. Le donne in India non esistono. Esistono, sono tante, ma non vengono considerate, nemmeno un po’. Così quando chiediamo all’autista di poter andare in bagno ci indica il pisciatoio, dopo una serie di sguardi pregni di significato si impietosisce e si ferma a bordo strada dove c’era una sorta di turca nel nulla. Bene così. In tutto ciò, nella notte, Niccolò ha anche compiuto gli anni, e spento una candelina su una terribile tortina confezionata comprata poco prima per fingere di riuscire a festeggiare.


VARANASI - la città della morte

Varanasi è una delle città più antiche del mondo, è situata sulle rive del fiume sacro Gange, ed è la città più sacra di tutta l'India. Considerata il centro spirituale e culturale del paese, Varanasi è un luogo sacro per l'induismo e attrae milioni di pellegrini e turisti ogni anno. Spiegare Varanasi è difficile, così come elencare i suoi monumenti. Varanasi va vissuta, passeggiata, respirata, nel bene e nel male. Non è una città, è un altro mondo, è un lo luogo dove tutto ruota attorno al Gange. Gli indiani credono che morire qui possa liberare l'anima dal ciclo di reincarnazione e bagnarsi nelle (luridissime) acque del suo fiume sia estremamente purificatore, motivo per cui troverete centinaia, se no migliaia di pellegrini da tutta l'India.


cerimonia varanasi

Ad ogni modo, dopo una decina di ore di bus, arriviamo finalmente a Varanasi, quasi riposati e pronti per nuove avventure.


Qui ci mollano ad una pompa di benzina a una decina di chilometri dal centro, prendiamo così un Tuktuk, che però a sua volta non può lasciarci in centro perché è vietato l’ingresso ai veicoli, ci fa scendere in un posto assolutamente a caso, che secondo lui è "vicino". Così vaghiamo un po’ a caso tra i vicoli. In realtà è stato molto bello vedere la Varanasi vera, non turistica, prima di arrivare ai ghat.


Arriviamo al nostro hotel, Mother Hostel, molto semplice ma carino, dove il nostro host si rende super disponibile ad organizzarci qualsiasi tipo di attività. Iniziamo con un walking tour con lui, per avere una prima infarinatura. L’impatto è forte. Varanasi è un mondo a sé stante. Un luogo sacro dove milioni di indiani vengono in pellegrinaggio. La spiritualità è densa e si respira ad ogni angolo, tra i ghat, i fiori e i rituali con gli incensi. Allo stesso tempo però si respira la sovrappopolazione, la povertà e la sporcizia che imperano in questo luogo, come forse da nessun’altra parte. Sono tanti, sono troppi, e non c’è un’educazione civile. Più di una volta ho visto persona aprire la porta di casa e lanciare fuori un sacchetto di spazzatura come se fuori dall’uscio quella roba non fosse più affar loro, come se in quella strada non dovessero più passeggiarci per tornare a casa. Così è facile trovare cumuli di spazzatura in giro (e fin qui, anche a Napoli direte voi) sì, però a Napoli non ci sono migliaia di mucche e cani affamati che rovistano nella rumenta, nutrendosi di scarti e quindi a loro volta poi non lasciando tutto il contenuto del loro intestino malato al centro dei tanti vicoli pedonali. Non si può, ripeto NON SI PUÒ, camminare a Varanasi guardandosi attorno. Bisogna guardare per terra. Punto.


La sera ci facciamo organizzare la visita ad una cerimonia sul Gange. Normalmente non si paga nulla, ma in Gange in questo momento delle piogge (che noi in realtà non abbiamo visto) è molto alto, quindi le cerimonie si tengono sulle terrazze delle case private e posso chiedervi qualche euro per accedere e assistere, sinceramente l’ho fatto volentieri.



É molto suggestivo questo rituale del tramonto, un po’ lunghetto :) ma suggestivo.

La sera poi abbiamo cercato un ristorante carino dove festeggiare il compleanno di Nik. L’impresa è stata più difficile del previsto. Posti fighi a Varanasi non sembrano esistere, contrariamente ai palazzoni di lusso del Rajasthan.


Alla fine andiamo sulla terrazza di questo hotel poco fuori dal centro Ganga's Rooftop. Siamo soli. Metà del menù non c’è ma il signore ci dice che può farci quello che vogliamo, che va a fare la spesa. E così è stato, è andato al mercato a comprarci la verdura per i nostri dahl e addirittura da Mc Donald pur di accontentare Nik che voleva un veggy burger.


cena rooftop varanasi

Abbiamo ovviamente aspettato ore, ma sono andata in cucina con loro mentre cucinavano, mi hanno insegnato la ricetta, ci hanno lasciato la cassa per mettere la musica ed era tutto pulitissimo (vi assicuro che in India è surreale). Il cibo era squisito e per la prima volta non piccante perché era stato fatto appositamente per noi, e il conto ridicolo, tipo 6€ quindi una bellissima scoperta.


La mattina dopo sveglia all’alba per andare a fare un tour con giro in barchetta sul Gange al sorgere del sole.

Problema: maree, correnti, cazzi e mazzi, prima delle 7 non lasciano navigare, quindi facciamo prima un’altra cerimonia all’alba (bella ma davvero uguale a quella della sera precedente) e solo dopo il giretto in barca con cui è possibile vedere da vicino due forni crematori in funzione h24. A seguire finiamo il free walking tour in altre zone molto interessanti che il giorno prima non avevamo visto, con questo ragazzo molto bravo che mi sento di raccomandare. Cose tipo, la palestra di wrestling, il tempio in cui si viene a pregare per rimanere incinte, sacrificando un ortaggio che non si mangerà mai più, e altre simpatiche curiosità.



Visto che mi era piaciuto molto e visto che il mio stomaco sembrava reggere, ho deciso di prenotare un food tour. Non potevo lasciare l’India senza aver assaggiato un po’ di cibo autentico e farlo con lui, dove ogni giorno portava turisti, mi ha fatto sentire sicura. Onestamente ne è super valsa la pena! Il ragazzo è stato molto carino e disponibile, alla fine eravamo solo noi due, e gli ho rifilato tre quarti delle cose che abbiamo comprato perché spesso un assaggio era più che sufficiente e abbiamo fatto tipo 8 fermate cibo, quindi capite che non era poca roba! Alcune cose erano davvero deliziose, altre meno emozionanti, ma comunque felicissima di averlo fatto. Anche questo è un free tour per cui gli ho lasciato l’equivalente di 10€ più il costo dei vari assaggini.

Mentre io giocavo alla roulette russa con lo street food Sofi e Nik hanno fatto una lezione di yoga dalla quale sono usciti morti, ma pare soddisfatti.




Per l’ultima cena a Varanasi scegliamo Brown Bread Backery, molto carina la terrazza e buono il cibo (praticamente in faccia si trova invece il Mona Lisa Cafe, dove ho mangiato una delle più buone torte alle mele della mia vita (o forse mi mancavano molto dei gusti soft semplicemente).

BACK TO DEHLI


strada market delhi

La mattina andiamo in aeroporto per tornare a Nuova Delhi, dove arrivando di pomeriggio, anche abbastanza tardi, ci limitiamo a fare un ultimo breve giro shopping nella zona di Paharganj Market, una delle poche aree di bazar che ho trovato dove comprare anche souvenirs più occidentali, e non solo sari e tappeti bellissimi, ma irregalabili.


L’idea iniziale era quella di farsi fare un massaggio ajurvedico… ma poi abbiamo scoperto che in realtà avevano tutti l’ happy ending in quella zona 😅 Sembrava un po' la versione povera di Khao san street a Bangkok, da cui capire che non ci si possono aspettare grandi cose.



L’ultima notte la passiamo in un "boutique hotel", dove però evidentemente soggiornavano anche dei topi. Settanta euro a notte (che in India sono parecchi) per un postaccio, ma non avevano alternative perché abbiamo notato che quello che avevamo precedentemente prenotato (e tutti quelli in zona aeroporto) erano in realtà delle truffe!!! Guardando bene tra le recensione ce n’era sempre almeno una che diceva che l’hotel non esisteva. Così siamo finiti in questo posto, finto lusso con topi, ma almeno eravamo sicuri esistesse.

Ceniamo in camera con del cibo mediocre e poi pronti per la sveglia all’alba per tornare in Italia.


E qui dovrebbe iniziare la storia di quando abbiamo passato 48in aeroporto bloccati e interrogati come criminali dalla polizia indiana di frontiera. Di come abbiamo perso un volo e siamo tornati su Roma facendo 4 scali… ma se volete sapere questa avvincente storia, vi lascio il link alla storie in evidenza :)


Non sono pronta a rivivere tutto questo incubo.







CONCLUSIONI


Per quanto sia stato un viaggio complesso è stato anche un viaggio incredibilmente ricco. Se potessi tornare indietro farei alcune piccole modifiche:

  • potendo avere più tempo, molto più tempo, la farei in treno. Avere l'autista è molto comodo, ma allo stesso tempo i tempi di percorrenza sulle strade indiane di giorno, con il sole che ti brucia la pelle attraverso il finestrino, sono lunghissimi.

  • non potendo farla in treno distribuirei diversamente i giorni, ad esempio Agra, davvero non merita nulla più se non un giro al Taj Mahal, e recupererei quel giorno mettendolo probabilmente a Jodphur, dove avrebbe avuto senso fare due notti, o a Pushkar, altrettanto carina.

  • Non che ci siamo stati molto, ma cercherei di stare a Dehli il meno possibile, partendo appena arrivati per il tour e magari lasciandocela alla fine, dopo aver già visto un po' di India, ed essendo più preparati.

  • Non tornerei ad agosto. Le temperature erano davvero massacranti, doveva essere la stagione delle piogge, ma non ha mai piovuto, se non nel deserto, che è un bene, ma allo stesso tempo faceva ancora più caldo del previsto.

  • Vorrei dirvi cosa farei per non prendermi batteri e parassiti, ma purtroppo, o si mangia solo roba confezionata e nei ristoranti degli hotel di lusso, o a questo pericolo non c'è scampo.

 

 


Ciao, ci conosciamo?

Sono Valentina, felice di vederti sul mio Blog! Scrivo di fughe da Milano in Lombardia e dintorni, ma spesso e volentieri fuggo oltreconfine.


Se ti interessano questi viaggi, troverai tanti altri articoli in questa sezione del sito. A presto!

 



E con questo ho concluso. Se seguite i miei consigli, o avete dei suggerimenti a riguardo, fatemelo sapere nei commenti o in privato. Mi fa sempre molto piacere. Se volete vedere altri contenuti simili seguitemi su instagram e scoprite post, reel e stories in evidenza! Buone fughe da Milano!



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